Se i ragazzi italiani non sanno la matematica non è colpa dei programmi, ma di maestre e prof.
Ancora una volta un’indagine internazionale certifica che i ragazzi italiani sono molto indietro in matematica. Anche se viene sottovalutato, questo è un problema assai grave, perché se non si ha una mente allenata all’astrazione e alla precisione si finisce col non essere in grado di seguire percorsi professionali decisivi, soprattutto nell’era dell’informatica. A che cosa va attribuita questa situazione che si protrae da decenni? Si è soliti rievocare la concezione idealistica di Benedetto Croce e di Giovanni Gentile, che privilegiava la formazione umanistica, ma questa ormai è storia antica (e d’altra parte non risulta che le capacità linguistiche degli studenti italiani siano superiori alla media, anzi è vero il contrario).
Il nodo sta nell’insegnamento, nella formazione e nella selezione degli insegnanti (e quelli di matematica sono troppo pochi) e in un atteggiamento “facilistico” che bandisce dalla suola la fatica dell’apprendimento. La matematica si può insegnare in modo moderno, meno pesante e oppressivo, ma comunque bisogna che l’insegnante la sappia e che lo studente capisca che le tabelline e la scomposizione in numeri primi bisogna saperla fare, il che richiede esercizio e attenzione. Il pressappochismo dominante rifugge da tutto ciò che richiede attenzione e precisione e consente verifiche. Invece il risultato di un’equazione o di un problema non si può accompagnare con un “più o meno”.
[**Video_box_2**]E’ perfino superfluo ricordare come un’incapacità di padroneggiare anche i più semplici strumenti dell’aritmetica e della geometria impedisce di capire seriamente tante cose, a cominciare all’economia (anche quella domestica) per arrivare alla logistica, anche quella elementare necessaria per organizzare un viaggio. Eppure l’analfabetismo matematico è quasi un vezzo snobistico, e le conseguenze si vedono, per esempio, leggendo il modo in cui ci si scandalizza per l’impiego di “algoritmi” in ogni campo di attività. Reagire a questa deriva si può, ma bisogna cominciare a verificare davvero la conoscenza della matematica nei docenti della scuola di base, la capacità di insegnarla in quelli delle superiori, smetterla di immettere in ruolo i docenti indipendentemente dalla loro formazione e dalle esigenze reali della scuola. Ma è più facile la logica del todos caballeros, che alla fine vuol dire tutti asini.