Così i numeri magici sfidano la ragione e fanno grande il pensiero umano
Il 14 marzo (3.14 secondo la numerazione anglosassone) è stata celebrata la “giornata del pi greco”, la costante matematica che indica il rapporto tra la circonferenza e il diametro di un cerchio. Numero che ha rappresentato la prima sfida che l’umanità ha dovuto affrontare nella sua ricerca di dare una spiegazione razionale delle forme della natura. E’ stata una sfida difficile, perché pi greco è un numero strano, che non può essere espresso come rapporto tra numeri primi – e per questo è chiamato numero irrazionale – né come risultato di un’equazione con coefficienti razionali, e per questo è stato chiamato numero trascendentale. La stessa scelta delle denominazioni (ma c’è anche chi lo chiama numero magico) contiene un significato semantico che si distacca dalla razionalità matematica e allude a qualcosa di non conoscibile e arcano. C’è chi pensa che già Pitagora avesse compreso l’irriducibilità di quel rapporto ai numeri primi, che erano la base delle teorie della sua scuola, e che il segreto dell’esistenza di un numero che esulava dalla convinzione secondo cui i numeri primi fossero in grado di spiegare tutto l’universo, diventò il segreto esoterico che doveva essere custodito dalla setta dei discepoli. Una grande sfida alla ragione, così, diede origine a due correnti diverse e in un certo senso opposte, quella mistica ed esoterica dei pitagorici e quella più limpidamente volta a conoscerne il maggior numero possibile di decimali, inaugurata da Archimede (e per questo uno dei tanti nomi del pi greco è “numero di Archimede”). Sarà un caso che entrambe queste tendenze, quella quasi “mafiosa” dell’esoterismo e quella quasi illuminista della ricerca numerica volta anche a finalità pratiche e tecnologiche siano nate ambedue in Sicilia?
Il problema della quadratura del cerchio, che è appunto la ricerca di un rapporto tra circonferenza e diametro, è stato al centro della ricerca non solo matematica per molti secoli e oggi viene citato come esempio di problema irrisolvibile, anche se è perfettamente risolto nel senso che è stato dimostrato che non può essere affrontato con i metodi geometrici tradizionali. Cioè, come si suol dire, “con riga e compasso”.
Se è evidente l’influenza che le ricerche attorno a questo problema hanno esercitato sull’evoluzione della scienza occidentale, proprio perché la scoperta di un numero “infinito” come rapporto tra quantità finite e usuali ha aperto la strada alla teoria dei numeri come alla geometria, si sa meno di quanto queste stesse ricerche siano state alla base di aggregazioni volte a tramandarne i presunti “segreti”. L’uso del pi greco nell’architettura, dove serve per edificare archi e cupole, per esempio, è stato tramandato dalle confraternite di costruttori medioevali, e non è forse un caso che ai “segreti” dei muratori si richiamino le origini della massoneria.
Chi ha celebrato la festa del pi greco in varie parti del mondo, naturalmente, ha festeggiato una sfida intellettuale che ha aperto le strade della ricerca teorica insieme a quella della tecnologia, ma il fascino del numero “magico” è legato anche alle suggestioni extrascientifiche che ha suscitato per secoli e suscita tuttora. Nell’ammirazione per la cultura classica è bene che alle meraviglie artistiche e alle sistemazioni filosofiche si aggiunga il riconoscimento del valore fondamentale della ricerca e del metodo matematico, che hanno influenzato l’evoluzione del pensiero umano. Il numero magico, proprio per l’ampiezza delle sue applicazioni scientifiche e tecniche, ma anche per le sue connotazioni extrascientifiche, è un simbolo universale che è stato giusto festeggiare.