Perché le donne possono essere decisive nelle lotta al fondamentalismo islamico
Sabato scorso, sulla prima pagina del Foglio, il direttore Claudio Cerasa ha scritto che “non si può combattere il fondamentalismo di matrice islamista senza che siano per prime le donne musulmane ad alzare il velo sulle ipocrisie dell’islamicamente corretto e sulla condizione drammatica in cui spesso si ritrovano a vivere le donne di fede musulmana”.
Gli anticorpi al jihad si possono creare all’interno dell’islam riconoscendo intanto che esiste un problema con la violenza.
A condannare la condizione di schiavitù in cui spesso vivono le donne nell’islam sono le stesse musulmane, ma l’occidente può e deve giocare un ruolo decisivo in questa battaglia. Peccato che spesso non lo faccia. Martedì sul Foglio Rita Panahi, fuggita dall'Iran nel 1984 e oggi editorialista dell’australiano Herald Sun ha spiegato che “il silenzio delle donne occidentali più impegnate equivale al tradimento di ogni singola ragazza e donna perseguitata in nome dell’islam. I progressisti, in particolare, accettano pratiche aberranti e datate contro le donne in nome della sensibilità culturale. E questa bizzarra alleanza fra progressisti e islam radicale è la dimostrazione della bancarotta morale di un’ampia parte della sinistra”. Sollevare il velo sulla condizione della donna islamica – oltre a essere intrinsecamente giusto – può avere conseguenze positive più generali dice Panahi: “Se insistiamo sul fatto che richiedenti asilo, immigrati di prima e seconda generazione adottino valori fondamentali come la libertà e l’eguaglianza, allora favoriremo l’emancipazione delle donne islamiche e daremo loro maggiori opportunità di influenzare le rispettive comunità, allontanandole dal radicalismo”.
E’ ciò che non è successo in molti casi in Francia, come ha raccontato al Foglio Nadia Remadna, fondatrice di Brigade des mères (Bdm), un’associazione di madri che non vogliono vedere il proprio figlio inghiottito dalla delinquenza o dalla radicalizzazione islamica:
Dovrebbe essere semplice, nell’Europa che si autoproclama baluardo dei diritti e delle libertà di tutti. Eppure non è così, a leggere le cronache di questi giorni: di fronte all’islam l’occidente indietreggia, teme di offendere, è disposto persino a limitare alcuni diritti per non “scontrarsi” con la sensibilità dei musulmani – cosa che non succede mai con altre religioni. Oggi sul Corriere della Sera Maria Serena Natale racconta “i passi indietro sul fronte dei diritti” in Europa.
C’è la vicenda delle raccomandazioni alle impiegate di un distretto di Amsterdam di non inossare minigonne o stivali al ginocchio, quella della piscina in Svezia dove uomini e donne non possono nuotare assieme, l’introduzione di carrozze per sole donne sui treni in Sassonia o la richiesta di “abbigliamento modesto” fatta da un preside alle famiglie che frequentavano una scuola tedesca vicino a un centro di accoglienza per rifugiati siriani.
Il divieto di indossare minigonne è anche lo spunto per Giulia Innocenzi, intervistata oggi sul Giornale, per dire che le donne non devono "mai arretrare sulle nostre libertà". Questa raccomandazione alle impiegate olandesi, per la giornalista ex Servizio Pubblico, è frutto dei "danni del politicamente corretto", per cui "le donne pagano il prezzo più alto".
In ogni democrazia liberale e pluralista – scrive oggi Michela Marzano sul Corriere – pur non sopportando il fatto che una donna si veli, si dovrebbe essere capaci di accettarlo; esattamente come si dovrebbe accettare il fatto che alcune donne mettano la minigonna o vadano in giro con abiti sexy, anche quando la cosa infastidisce. A meno di non voler distruggere proprio la tolleranza, visto che “tolleranza” e “intolleranza” non fanno altro che elidersi reciprocamente. Se in nome della tolleranza si tollerasse l’intolleranza si finirebbe d’altronde con lo svuotare di senso il concetto stesso di tolleranza.
Sono le donne la chiave contro l’islam violento. Bisogna però che chi di loro prova a ribellarsi e far sentire la propria voce trovi un occidente disposto a sostenerle e difenderle, e non che impaurito si ritragga, disposto anche a limitare la libertà delle donne pur di non offendere i musulmani.