Scuola, come uscire dagli intoppi
Sarà una coincidenza, ma certo non è felice: in questi giorni la macchina che regola le assunzioni nella scuola sta patendo due macroscopici intoppi, irrelati nel merito ma forse non nel metodo. E’ saltato l’accordo sulla chiamata diretta degli insegnanti già assunti, che doveva essere firmato martedì: contrari alla scelta tramite colloquio individuale, i sindacati si sono rivelati contrari anche alla soluzione compromissoria, che dava la precedenza al docente più anziano in possesso di specifiche competenze. L’elenco delle competenze possibili, fra le quali i presidi avrebbero potuto indicare i propri desiderata, è stato giudicato troppo vasto (“un album di figurine”); curiosamente, trapela che i sindacati avrebbero proposto di ridurre non l’elenco di titoli di cui mostrarsi in possesso bensì quello delle esperienze effettivamente maturate sul campo. Come a dire che, lavorando nella scuola, non si sviluppano caratteristiche funzionali a lavorare nella scuola.
Nel frattempo le cose non vanno meglio per i futuri insegnanti: i dati relativi al concorsone che assegnerà 63.712 posti nel triennio 2016-2018 riportano preoccupanti percentuali di bocciature, che stanno facendo gridare allo scandalo siti e quotidiani. Qui è necessario un distinguo. E’ tautologico che un concorso sia selettivo, dato che serve a selezionare personale; sembra meno logico che, in molti casi, siano ammessi all’orale meno candidati dei posti messi a bando. Non è solo questione di praticità in quanto, per poter partecipare al concorso, i candidati dovevano essere in possesso di un’abilitazione all’insegnamento che avrebbe dovuto garantire un grado, benché minimo, di competenza. Tali magri risultati implicano invece che i vari e onerosi corsi di abilitazione statali mantengono i futuri insegnanti a un livello talmente infimo che, secondo lo stato stesso, è meglio lasciare dei posti vacanti. Sono due pasticci che bisognerebbe saper trasformare in opportunità, approfittandone per rivedere drasticamente i criteri di assunzione e magari introducendo, per creare un contatto fra aspiranti insegnanti e dirigenti in carica, lo spettro innominabile che da tempo aleggia sulla scuola: il colloquio di lavoro.