La guerra culturale si ferma a Notre Dame
Ruth Bader Ginsburg, il giudice più pro aborto e pro nozze gay della Corte suprema degli Stati Uniti, è ospite dell’Università di Notre Dame, nell’Indiana, la principale università cattolica d’America. Non poche le proteste e i mugugni, ma certo non del tenore di quelli che hanno caratterizzato altri inviti. E’ già successo prima. Il Boston College, pilastro del sistema educativo dei gesuiti in America, ha onorato Enda Kenny, premier irlandese e sostenitore delle leggi che hanno portato nozze gay e aborto a Dublino. Il cardinale di Boston, Sean O’Malley, si rifiutò di partecipare. “I vescovi cattolici degli Stati Uniti hanno chiesto alle istituzioni cattoliche di non onorare politici e pubblici ufficiali che promuovono l’aborto”, disse O’Malley. “Kenny sta promuovendo aggressivamente una legislazione abortista”. Nel 2009, quando Barack Obama fu insignito della laurea honoris causa dall’ateneo cattolico di Notre Dame, fu Mary Ann Glendon, già ambasciatrice in Vaticano, a compiere il gesto eclatante, rifiutando la stessa onorificenza in segno di protesta per la presenza dell’abortista alla Casa Bianca.
Poi arrivarono le critiche del cardinale Timothy Dolan ai gesuiti della Georgetown per l’invito al ministro della Sanità Kathleen Sebelius, anche lei pro aborto. Nel caso di Bader Ginsburg, che si è fregiata di sostenere pure una visione eugenetica dell’aborto legalizzato dal 1973, simili proteste non ci sono state. Un altro segno che le famose “guerre culturali” in America sono state archiviate. Con lo sdoganamento, nel cuore del pensiero cattolico americano, del magistrato che si fregia di aver legalizzato trenta milioni di aborti. L’America, anche in questo, è sempre più simile all’apatica Europa.