Femministe in Francia (foto LaPresse)

Il Foglio internazionale

Il sessismo fiorisce nella banlieue

Redazione
Un piccolo assaggio della nuova sezione del Foglio del lunedì, con segnalazioni dalla stampa estera e punti di vista che nessun altro vi farà leggere. E' la volta di Bérénice Levet, docente di Filosofia al Centre Sèvres e autrice con Michel Onfray del libro “La Théorie du genre”.
Un piccolo assaggio della nuova sezione del Foglio del lunedì, con segnalazioni dalla stampa estera e punti di vista che nessun altro vi farà leggere.

 

"Le donne stanno diventando un vero problema della guerra che l’islamismo conduce con determinazione contro la civiltà”. Eppure, il governo della gauche francese sembra distratto da qualcos’altro, da qualcosa di più impellente: la battaglia contro il sessismo. Così Bérénice Levet, docente di Filosofia al Centre Sèvres e autrice con Michel Onfray del libro “La Théorie du genre”. “La regressione in Francia, il patriarcato nel nostro paese, sono legati esclusivamente all’importazione, sul nostro suolo, di costumi musulmani, non è una sorta di residuo del passato”. Piuttosto che lanciare campagne contro il “sessismo”, il governo francese dovrebbe portare la battaglia nei “territori perduti della Repubblica, in cui si esercita il dominio maschile. Queste enclave si sono separate dai nostri costumi, dalle nostre leggi, dai nostri princìpi, tra cui la parità di genere, e vivono sotto l’autorità e il dominio dell’islam radicale”.

 

E’ un paradosso doloroso delle moderne democrazie europee, che non riguarda soltanto la Francia ma anche la Germania dei fatti di Colonia dello scorso Capodanno. “E’ vero che questo richiede un coraggio che non è il nostro forte. Mentre è facile mobilitarsi contro un eterosessuale maschio bianco di più di cinquanta anni, è impensabile mobilitare Julie Gayet e Axel Kahn, per citare due degli sponsor dell’operazione di Madame Rossignol (ministro francese della Famiglia, ndr), contro l’amministrazione fiduciaria delle donne nell’islam. Mi piacerebbe vederle al fianco di Nadia Remadna, presidente della ‘Brigata delle madri a Sevran’, per esempio”. Che cosa può motivare ideologicamente Laurence Rossignol? “Le neo-femministe temono che le donne ritengano l’uguaglianza come qualcosa di acquisito. Lo scenario è sempre lo stesso con queste anime belle: vi sono da un lato, le coscienze istruite e, dall’altro, le masse ignoranti bisognose di luce”. L’uso stesso della parola “sessismo” non ha altro obiettivo che “demonizzare, criminalizzare ogni percezione, ogni pensiero, ogni esaltazione della dualità sessuale”. 

 

Un appellativo assolutamente indecente, “che si propone di monitorare e punire gli uomini”. Da dove cominciare? “Il confine non può essere rintracciato. E’ una caccia illimitata”. Queste neo-femministe aspirano a vivere in “un mondo in cui non ci sono né uomo né donna, solo gli individui neutri”. Nel femminismo convertito all’anglosassone e che ha fatto sua la teoria del gender, “il primo pregiudizio è credere nelle differenze di genere. La redenzione sarebbe l’omosessualità”. Se oggi si parla di una Francia ostile alle donne, ricordiamoci che nel 2015, dopo la carneficina islamista, la diversità di genere è stata celebrata come una componente essenziale del vivere francese. Come spiegarsi questa discrepanza? “Tra due mali – la violenza contro le donne e la paura di essere tacciati di ‘islamofobia’ – le muse del neo-femminismo non esitano un istante. Sacrificano le donne. La barbarie può continuare ad avanzare, la loro coscienza è al sicuro”.  

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