Roger Waters (foto LaPresse)

Suonala ancora, Roger

Redazione
L' ex leader dei Pink Floyd ha ribadito il suo sostegno nei confronti di chi aderisce al boicottaggio di Israele, e ha incoraggiato gli altri artisti a non esibirsi nel paese. Negli ultimi dieci anni, non c’è concerto in cui Waters non inveisca contro Israele, in una specie di ossessione senile.

Il copione, ormai da anni, è sempre lo stesso. Inizia “Pigs”, un brano dei Pink Floyd del 1977, che Roger Waters già all’epoca aveva dedicato a tutti “i politici, gli uomini d’affari, i maiali”. Inizia l’assolo di chitarra di “Pigs” e Waters inizia a inveire contro l’impresentabile di turno. Domenica scorsa l’ex frontman dei Pink Floyd, ormai settantatreenne, si è esibito al Desert Trip 2016 che si sta svolgendo a Indio, in California: si tratta di una specie di festival Coachella – stessi organizzatori – fatto per un pubblico di più anziani.

 


 


 

Se alla fine degli anni Settanta la destinataria delle invettive contenute nelle parole di “Pigs” era l’ex primo ministro britannico Margaret Thatcher, domenica sul palco Waters ha dedicato la performance al “maiale Trump”, proiettando durante l’esecuzione alcune delle frasi più scandalose del candidato alla presidenza repubblicano (chissà cosa avrebbero detto i puristi del linguaggio senonoraquandista se al posto di Trump ci fosse stata una donna). Dopo il video virale del magnifico Robert De Niro, che ha esplicitato tutta la sua rabbia contro The Donald dando al contempo una considerevole lezione di recitazione, anche Waters ha voluto dire la sua.

 


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Ma non si è fermato a Trump. Com’è nello stile di Roger, ormai fermo agli anni Settanta, cambia canzone, cambia protesta. Mentre suonava “Fearless”, ecco apparire sullo sfondo le immagini di Black Lives Matter, il movimento per i diritti degli afroamericani che nel tempo è stato riempito più di retorica che di numeri. Poi Waters è passato alla lettura di “Why Cannot the Good Prevail”, una poesia di protesta scritta di suo pugno dopo la rielezione di George W. Bush (forse dimenticata nel cassetto dal 2004). Infine, prima di chiudere, Waters ha ribadito il suo sostegno nei confronti di chi aderisce al boicottaggio di Israele, e ha incoraggiato gli altri artisti a non esibirsi nel paese. Negli ultimi dieci anni, non c’è concerto in cui Waters non inveisca contro Israele, in una specie di ossessione senile che gli impedisce ormai di suonare qualunque canzone senza dedicarla a chi vorrebbe distruggere Gerusalemme. “Non succede spesso che mi lascino un palco così, tanto vale che lo utilizzi”, ha detto. E se non lo lasciano cantare, forse non è per le sue idee politiche. Piuttosto perché ha smesso di essere un musicista da un pezzo.