Un Foglio internazionale
Che guaio l'America non più realista
"Secondo il realismo linguistico, non si può dire che un ragazzo è un ragazzo. E secondo il politicamente corretto, non si può dire che importare un grande numero di musulmani comporta un rischio. C’è un bel po’ di ‘non si può dire che’ in questa guerra al senso comune”. Robert Curry, sull’ultimo numero di American Thinker, se la prende con la classe dirigente statunitense, colpevole d’avere “dichiarato guerra al buon senso”. Il fatto è che, ormai, “la nostra classe dirigente sta cercando di sostituire il realismo del senso comune con quello che può essere definito ‘realismo linguistico’”. Eppure, gli americani sono un popolo di realisti. “Per la maggior parte di essi, è ancora evidente che un ragazzo in tutù e tiara resta un ragazzo anche se lui sostiene di essere una femmina. Ma oggi – scrive Curry – secondo la nostra leadership, dentro e fuori il governo, ciò che il ragazzo dice deve stabilire a quale bagno e doccia egli avrà accesso”. Ed è un piccolo esempio, sia chiaro, se si considera che nell’ultimo anno la città di New York ha pubblicato una lista che comprende trentuno generi approvati dalla commissione locale per i diritti umani. C’è pure il genere “drag queen”, quello “genere fluido”, e così via. Un’azienda può essere multata fino a duecentocinquantamila dollari se si rifiuta di rapportarsi a un dipendente con il pronome con cui desidera essere chiamato.
Così, i newyorchesi possono utilizzare il bagno o lo spogliatoio che più si avvicina alla loro identità di genere, senza però dover mostrare qualsiasi tipo di documentazione o prova. Insomma, tutto dipende da qual è il significato che si dà alla parola “ragazzo”. Osserva Curry che la rottura tra il realismo del senso comune dei normali americani e il realismo linguistico sostenuto da tanti appartenenti all’élite, spiega il divario attuale che sussiste proprio tra l’americano medio e le élite. Certo, “l’America ha sempre avuto un’élite, ma non c’è mai stato questo divario”. Per generazioni è andata così, senza che nessuno mettesse in discussione tale modello. Ora le cose sono cambiate. “Sento spesso dire che il senso comune è diventato raro. C’è una campagna incessante e crescente contro di esso, e in America ciò lo si deve alla sinistra politica”, scrive l’American Thinker. Il problema è che “la gente non può abbandonare il senso comune nella conduzione della propria vita quotidiana senza mettere a rischio la sopravvivenza”.
Il buon senso suggerisce di non far giocare i bambini con i coltelli, così come di non saltare nel Grand Canyon con un ombrello per vedere se funziona. “L’abbandono del realismo del senso comune è quindi necessariamente ristretto agli ambiti della vita in cui il nonsenso può essere anche privo di contatti con la realtà: film, fiction, filosofia e (troppo spesso e troppo a lungo) il discorso politico”.