Angelo Panebianco (foto LaPresse)

Perché ci sono pochi Panebianco in Italia

Redazione

Smascherare la comodità ideologica di non farsi “assalire dalla realtà”

"Perché, a dispetto di ogni evidenza, a dispetto dei santi (è il caso di dirlo), tante persone negano che quella dichiarata, non solo contro altri musulmani ma anche contro gli occidentali, sia una guerra religiosamente motivata?”. Lucido come sempre, Angelo Panebianco si è posto ieri sul Corriere una domanda cruciale. Cruciale, se ci fossero orecchie per intendere, soprattutto per la nostra classe politica e intellettuale. Perché sono così poche le persone disposte a riconoscere i fatti, che c’è una guerra “religiosamente motivata?”. Panebianco indica due eccellenti risposte. La prima è che “ammettere che l’islam c’entri significa doversi porre domande scomode, fastidiose, sugli atteggiamenti del mondo islamico nei confronti della società aperta occidentale”. La seconda ha a che fare con la scristianizzazione.

 

Quanto meno nel senso che la scristianizzazione “porta con sé l’impossibilità di capire” che esista gente disposta ad ammazzare e farsi ammazzare per la religione. Ma c’è una terza domanda, che Panebianco evita di esplicitare ma che è inevitabile. La poniamo noi, in vece sua: perché in Italia esistono così poche persone come Panebianco, in grado di vedere le cose e chiamarle col loro nome? Perché in Italia è così difficile essere “assaliti dalla realtà” – come è accaduto a molti intellettuali progressisti e pure “pacifisti” americani dopo l’11/9, come accade sempre più spesso a intellettuali goscista francesi, o a pacati politici tedeschi? La risposta è multipla. Ne suggeriamo una: in Italia la coperta dell’ideologia – persino quella di matrice religiosa – è così confortevole, per quanto corta, e garantisce ancora un potere residuale nell’opinione pubblica, che in tanti preferiscono rimanere ben coperti sotto.

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