Capire le fake news senza fake news
Proposta di un’esperta: il termine porta confusione, smettiamo di usarlo
Le fake news hanno avuto i loro 15 minuti di celebrità, ma adesso basta. Sono stati più di quindici minuti, a dire il vero, visto che da oltre un mese sembra non si parli d’altro: il filone è nato in America e si è diffuso in tutti i paesi a rischio populismo, Italia compresa. Ma come succede con tutte le definizioni che diventano troppo famose troppo velocemente, anche “fake news” è stato quasi immediatamente travisata, poi manipolata, infine politicizzata in maniera insopportabile. Margaret Sullivan, ex public editor del New York Times e oggi commentatrice dei media per il Washington Post, e dunque figura perfettamente rappresentativa del fronte anti fake news e all’incrocio tra i due giornali americani che più di ogni altro hanno rappresentato la coscienza liberal della società durante la campagna elettorale, ha scritto pochi giorni fa un editoriale per spiegare che è ora di mettere prematuramente in pensione il termine “fake news”. Chiamiamo le bugie con il loro nome (e discutiamo, come ha fatto la settimana scorsa il direttore del Wall Street Journal Gerard Baker, sull’opportunità di attribuire il termine “bugia”, “lie”, alle cose false dette da Donald Trump), distinguiamo la propaganda dalla cattiva stampa dalle disseminazioni di materiale filorusso dalle teorie del complotto. Ma smettiamola di usare il termine fake news, il quale, nato con lo scopo specifico di designare le notizie false create ad arte per seminare falsità, e in particolare quelle che sfruttano la viralità sui social, è ormai diventato niente più che un espediente retorico fazioso.
Sullivan, dal suo pulpito liberal, cita le molteplici occasioni in cui la stampa della destra populista, principale disseminatrice di fake news, si è appropriata del termine per denunciare le notizie (a volte sbagliate, ma mai scritte con l’intento specifico di sviare il lettore) che non le andavano a genio. Esempi simili possono essere trovati in area liberal, dove ormai tutto ciò che esce dalla bocca o dall’account Twitter di Trump è fake news. Insomma, per porre fine al dibattito è meglio ricominciare tutto da capo, abbandonare un termine troppo affascinante per essere specifico e ricominciare a chiamare le cose con il loro nome.