Il giusto senso da dare alla memoria
Le sagge parole di Mattarella sulla Shoah e l’Europa indifferente
Un virus letale – quello del razzismo omicida – era esploso al centro dell’Europa, contagiando nazioni e popoli fino a pochi anni prima emblema della civiltà, del progresso, dell’arte”, ha detto ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, onorando la memoria della Shoah. “Auschwitz era il frutto più emblematico di questa perversione”. Viene cosi centrato il cuore, illuministico e ultra moderno, della Shoah, nata dal seno della cultura tedesca. Mattarella ne ha anche per l’Italia. “Lo stato italiano del Ventennio espelleva dal consesso civile una parte dei suoi cittadini, venendo meno al suo compito fondamentale, quello di rappresentare e difendere tutti gli italiani. Alla metà del 1938, con le leggi antiebraiche, rivolgeva il suo odio cieco contro una minoranza di italiani, attivi nella cultura, nell’arte, nelle professioni, nell’economia, nella vita sociale”. E ancora: “Cacciare i bambini dalle scuole, espellere gli ebrei dall’amministrazione statale, proibire loro il lavoro intellettuale, confiscare i beni e le attività commerciali, cancellare i nomi ebraici dai libri, dalle targhe e persino dagli elenchi del telefono e dai necrologi sui giornali costituiva una persecuzione della peggiore specie”.
Queste lunghe citazioni di un discorso strategico e ambizioso confermano quanto molti sentono, anche se pochi scandiscono, per pudore, imbarazzo, compiacenza. Lo ha detto al Corriere della Sera il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che ha indicato il rischio di “una nuova Shoah”. E’ inimmaginabile, impensabile, indicibile, ed è dai più accolta con una scrollata di spalle. Ma pensare l’impensabile è quello che dovrebbe spingere a fare una Giornata della memoria. Eccoci dunque: gli ebrei fuggono dalla Francia (40 mila in pochi anni), i bambini ebrei sono stati uccisi, i docenti ebrei israeliani sono stati boicottati, la follia dello sterminio e della ideologia divampa in medio oriente, si incitano le folle contro Israele e per la “difesa di Gerusalemme, a Milano si evoca la loro morte, come testimoniato dal Foglio. In questo scenario, l’Iran, che ha fatto della negazione della Shoah e della distruzione di Israele il centro della sua politica estera, persegue i suoi sogni egemonici. Non è certo il 1938, ma non è neppure un bel vedere. E spetta all’Europa dare un senso a quelle due parole: never again.