Un'immagine di Matera con la neve dello scorso 3 gennaio (foto LaPresse)

Sviluppando Matera

Redazione

L’occasione della città per non rimanere com’è. Il non-sviluppo è insostenibile

Dallo scorso sabato 19 gennaio Matera è ufficialmente Capitale europea della Cultura 2019, una “festa” di fatto già iniziata da tempo, man mano che la città dei Sassi si tirava a lustro e cresceva l’attenzione italiana e del mondo. Il presidente Sergio Mattarella ha sintetizzato: “Questa città è anche un simbolo del Mezzogiorno italiano che vuole innovare e crescere, sanando fratture e sollecitando iniziative”. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha parlato di occasione per la “riscossa” di tutto il Meridione. Matera è così piena di significati per la storia d’Italia che non mette conto aggiungere altro. Sono stati investiti cospicui fondi pubblici, spesi in riqualificazioni, restauri, infrastrutture (anche se Conte ha dovuto ammettere che “arrivare qui è ancora un’impresa non degna di un paese civile”: aspettiamo i progetti “innovativi e plausibili” del suo governo no- tutto) e per aiutare le realtà locali – culturali, imprenditoriali, ricettive – a sfruttare al meglio l’occasione del 2019. Ovviamente non sono mancate le voci di chi dubita che, passata la festa, tutto tornerà come prima.

 

Ma c’è un’obiezione più sottile, che il sindaco di Matera Raffaello Giulio De Ruggieri ha esposto persino al New York Times, e cioè che il 2019 si trasformi nell’anno di uno sfruttamento turistico passeggero. Ieri Tomaso Montanari sul Fatto ha ripreso il concetto, ma peggiorandolo: bisogna impedire che Matera sia mcdonaldizzata come Venezia o Firenze. “Matera resti così com’è: la modernità la rovinerebbe”, il titolo. Ovviamente nessuno ha intenzione di aprire un centro commerciale tra i Sassi, e può anche essere ragionevole che non vi si aprano solo ristoranti e boutique. Ci vogliono artigiani, start up digitali (già ci sono) e persino librerie. Ma appunto: poi ci vuole la gente ci viva, che faccia muovere l’economia, che trasformi il luogo e le sue funzioni. E il turismo non è esattamente l’ultimo dei fattori di possibile sviluppo di una città millenaria in cui, evidentemente, non si può impiantare un hub industriale. L’alternativa adombrata da Montanari è che qualcuno (chi?) dovrebbe pagare un luogo per restare fermo nei secoli: improduttivo, cioè alla fine inabitabile. Ritornare a Eboli, il non-sviluppo insostenibile.