editoriali
Parità di genere anche per le statue
A Padova si fa polemica per la piazza settecentesca: “Sono solo maschi”
A circa due secoli e mezzo dalla sua inaugurazione, qualcuno s’è accorto che tra le settantotto statue che ornano Prato della Valle a Padova non c’è neanche una donna. Immediata la polemica, accompagnata da petizioni e commenti sulle prime pagine di qualche giornale in cui si denuncia l’ennesimo esempio di “cultura patriarcale”, “misoginia” e “maschilismo”. Lì, fra tutti quegli uomini, va messa una donna. La Soprintendenza si è detta d’accordo: “Inserire la statua di una donna nel pantheon delle glorie venete contribuirebbe a dotare la città di un nuovo modello di ispirazione e sarebbe coerente con la ragione per cui anche le altre statue si trovano lì”, ha detto il soprintendente.
La donna da traslare in Prato ci sarebbe già, è la celeberrima Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, la prima donna laureata al mondo (ma anche qui non c’è consenso di vedute, visto che per taluni Elena Lucrezia è troppo agée). La statua è pronta e chi ha studiato a Padova sa anche dove trovarla: non certo in uno scantinato, bensì ai piedi di una scalinata nella sede del rettorato, in pieno centro cittadino. L’ex rettore dell’Università, Vincenzo Milanesi, è contrario e ammonisce sui rischi della cancel culture, ribadendo la necessità di contestualizzare più che di ingaggiare campagne per la rivisitazione storica e lo spostamento di monumenti.
Qui però siamo già al passo successivo: non si tratta più solo di abbattere statue in nome di valori contemporanei inesistenti all’epoca in cui quelle statue erano state innalzate. No. Ora si cerca la parità di genere dei monumenti: tanti uomini, tante donne. Senza domandarsi quali sono il senso di un’opera artistica e la sua datazione. Di questo passo, non mancherà molto al momento in cui da qualche parte si metterà sotto inchiesta la schiera dei santi che sormonta il colonnato di piazza San Pietro.