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L'estratto del libro
Addio Cavaliere. Che ne è del corteggiamento, cuore del rapporto uomo-donna nella storia occidentale
Senza fare la corte, non siamo propriamente umani perché non sappiamo davvero amare. Un viaggio filosofico alla riscoperta delle grandi leggende romantiche della tradizione occidentale
Poggio la pinta di birra davanti a me e non torno con lo sguardo sulle pagine del libro che sto leggendo. Qualcosa mi distoglie. Una specie di energia impersonale e primordiale che sono incapace di capire, di arginare. Quello che mi raggiunge non è un segnale sensoriale: non un odore, non un suono, non una visione. E’ per un riflesso intuitivo non intenzionale che ruoto il collo e lo sguardo verso il lato opposto del bancone, dove la luce penetra di taglio nel locale scolpendo gli oggetti che incontra in un caldo chiaroscuro. Allora la vedo. Con un sorriso cortese ordina un cocktail al barman e, nel farlo, si scosta i ricci rossi dalla fronte reclinando leggermente la nuca all’indietro, un gesto di rara grazia simile al passo iniziale di una danza; sul volto pallidissimo, ricamato di lentiggini, gli occhi le palpitano di un verde che non immaginavo potesse esistere in natura.
Frequento questo pub quasi ogni giorno, seduto a bancone sullo stesso sgabello, nel tardo pomeriggio; eppure non l’avevo mai incontrata prima d’ora. Vengo inesorabilmente invaso dal desiderio misterioso di mescolare la mia vita alla sua. L’inquietudine desiderante in cui mi trovo determina una condizione creaturale originaria che mi accomuna a ogni forma vivente: la condizione per la quale gli esseri senzienti sono, in speciali circostanze, attratti gli uni verso gli altri. La risposta che darò al desiderio che mi ha invaso quando mi sono accorto della ragazza definirà il mio status di animale, di essere umano e di soggetto cosciente; così come in ogni era, nel trascorrere dei secoli, le modalità, i riti, le codificazioni e le prescrizioni (e le trasgressioni) relative alla declinazione di tale desiderio hanno scolpito i profili delle civiltà. Qualcuno potrebbe reagire nei modi più neutri e più neutralizzanti: tramite rinunce, soppressioni o rimozioni; così come qualcun altro nei modi più atroci e più orrorifici: perpetrando violenze, molestie, aggressioni o coercizioni di ogni tipo. Non si possono prevedere né pronosticare con un grado adeguato di certezza quali saranno le azioni e quali i pensieri di un generico individuo che si trovi nel mio status mentre mi accorgo di lei seduta al bancone. Che ne farò di quello che provo? Di questa inquietudine oscura e inesorabile, bella e tremenda, non scelta, che adesso mi sento dentro? All’interno dell’infinita gamma di risposte psico-comportamentali che si apre per il soggetto desiderante allorquando questi è attratto da un altro soggetto, se ne pone una peculiare, affascinante, strana, ardua e preziosissima, la quale attraversa, caratterizzandole, le epoche della storia dell’uomo: il corteggiamento.
Forse “corteggiare” significa, per un uomo o per una donna, tradurre il desiderio nei confronti di qualcuno in gesti o parole la cui gentilezza sia in grado di rivelare il senso di venerazione per un essere che si ritiene differente da ogni altro – più sublime di ogni altro –, affinché si dia un “mescolarsi di esistenze”, ossia una reciproca volontà di incontro, in qualche modo intimo, con la persona che desideriamo.
Io penso che il corteggiamento umano così inteso non sia soltanto un costrutto culturale, ma che risponda a una specifica brama che è la sostanza stessa del nostro desiderio erotico. La mia ipotesi è infatti che la nozione cortese di corteggiamento, oggi in crisi e declino nel mondo globale-digitale, non sia destinata a estinguersi, bensì a tornare prepotentemente sulla scena delle future dinamiche psicosociali. Perché la cortesia è il modo più radicale e più alto di vivere l’esperienza dell’altro nella quale prende forma l’esistenza umana. Sarà attraverso la pratica del corteggiamento cortese che tale forma potrà preservarsi. Corteggiarsi dischiude la possibilità di un evento che irradia l’anima di un bagliore altrimenti inesperibile. Senza il corteggiamento saremmo solo briciole di calore vaganti nell’universo senza fine. Cessando di corteggiarci, smarriamo elementi fondamentali della nostra stessa natura. Ripensare questo antico concetto e la pratica relazionale che ispira vuol dire perciò non solo tentare di capire come tale nozione sia sorta e si sia sviluppata nella cultura occidentale, ma anche e soprattutto andare alla ricerca di una visione del mondo che ci rende donne e uomini in senso proprio, o – come insegna la letteratura cortese – Dame e Cavalieri, creature che conoscono l’iniziatica grammatica dell’arte di amarsi.
Pubblichiamo un estratto di “Addio, cavaliere! Filosofia e destino dell’arte del corteggiamento”, il volume di Cesare Catà edito da Liberilibri (212 pp., 16 euro)