Rito civile e divorzio breve. Come cambia la famiglia secondo i dati Istat
Secondo i dati Istat, è in corso dal 2015 un progressivo aumento del numero dei matrimoni. Nell'ultimo anno, in relazione ai censimenti riportati, gli italiani hanno detto sì 194.377 volte, circa 4.600 in più rispetto all'anno precedente. Si tratta di un cambiamento consistente: l'aumento annuo più significativo dal 2008. Nel periodo immediatamente successivo, dal 2008 al 2014, i matrimoni erano diminuiti al ritmo di quasi 10.000 all'anno. L'effettiva ripresa, registrata dall'indagine e riguardante le prime nozze tra sposi di cittadinanza italiana, indica 144.819 celebrazioni nel 2015 (circa 2.000 in più dell'anno precedente) mentre tra il 2008 e il 2014 si censiva un calo complessivo del 76 per cento delle nozze. L'aumento più rilevante è quello concernente la propensione alle prime nozze: 429 per 1.000 uomini e 474 per 1.000 donne. Rispetto al 2008 è aumentata di due anni l'età del sì, di 35 e 32 anni, rispettivamente per i mariti e per le mogli.
L'aumento del numero di matrimoni celebrati si deve in buona parte a una diffusione altrettanto marcata del rito civile, scelta obbligata per le seconde o successive nozze, ma prediletta anche per i primi matrimoni degli italiani. Non si tratta però soltanto di naturale propensione di coppia, bensì di una notevole influenza delle recenti variazioni normative. L'introduzione del "divorzio breve" propone un doppio fil rouge nella lettura dell'indagine dell'Istituto di statistica o meglio, nasconde una doppia faccia: l'incremento, per quanto notevole, può dirsi apparente per l'illusoria convinzione che un divorzio "più semplice" nei fatti conduca a un inferiore carico di responsabilità e soprattutto di scomodità in termini di tempo e denaro: ci si sposa di più dunque, anche se - e anche perché - si divorzia prima (27.040 divorzi nell'ultimo anno).
E nemmeno le unioni di lunga durata attraversano immuni quest'ondata di novità né scavalcano la nuova legiferazione: negli ultimi vent'anni è raddoppiata la quota delle separazioni di uomini e donne di mezza età. Il sociologo Franco Ferrarotti, commentando i dati Istat ascrive all'incombenza dell'attuale società digitale e di mercato, "sempre meno sociale", il ricorso più frequente al divorzio breve. Si tratta, a suo dire, di una sorta di meccanismo dell'utile secondo cui i rapporti affettivi non si distinguono effettivamente da quelli di mercato, ma si rendono piuttosto un'ambigua commistione di interessi: "I rapporti non durano a lungo se non sono anche utili", continua Ferrarotti. Utili materialmente, dunque, svuotati del loro valore interpersonale indipendentemente dall'interesse dei contraenti. Il sociologo sottolinea anche come il cambiamento e l'avanzare del tempo abbiano contribuito alla differente concezione del credo religioso nel matrimonio: la religiosità, quale sentimento intimo e personale, non condiziona, come prima, i rapporti sociali, non conferisce perciò un obbligo religioso al vincolo matrimoniale.
Una chiave di lettura decisamente più ottimistica è quella che annota il presidente dell'Associazione Avvocati matrimonialisti Italiani, Gian Ettore Gassani: "Chi pensava che l'istituto del matrimonio e la famiglia italiana fossero in una sorta di inevitabile declino, dovrà ricredersi; L'aumento dei matrimoni rappresenta un fatto importante e confortante perché in controtendenza con un trend iniziato da vari decenni. C'è ancora tanta voglia di famiglia in Italia, a tutti i livelli", continua Gassani. "Urge tuttavia una politica per salvaguardare il matrimonio e incentivarlo, soprattutto nelle grandi città e tra i più giovani costretti, il più delle volte, a rinunciare al sogno di mettere su famiglia e a a restare a vivere dai loro genitori fino alle soglie dei 40 anni".
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