Siamo un paese di culle vuote
I dati dell’Istat sulla demografia sono catastrofici. La politica si attrezzi
In questa campagna elettorale c’è un tema di cui si parla ancora troppo poco: le prospettive per il futuro. Intendiamo il futuro dell’Italia, anzi degli italiani, intesi come popolazione. I dati dell’Istat pubblicati giovedì sono catastrofici: “Al 1° gennaio 2018 si stima che la popolazione ammonti a sessanta milioni 494 mila residenti, quasi centomila in meno sull’anno precedente (-1,6 per mille)”, dice l’istituto di statistica. “Nel 2017 si conteggiano 464 mila nascite, nuovo minimo storico e il 2 per cento in meno rispetto al 2016, quando se ne ebbero 473 mila. I decessi sono 647 mila, 31 mila in più del 2016 (+5,1 per cento)”. Vuol dire: sono nati meno bambini, ma i morti sono molti di più. E poi: “Nonostante un livello inferiore di nascite, il numero medio di figli per donna (1,34) risulta invariato rispetto all’anno precedente”. Non è una questione che può essere risolta dividendo il paese tra chi vuole più immigrazione e chi ne vuole meno “per non far scomparire gli italiani”, come ha detto Giorgia Meloni. E non è nemmeno un problema risolvibile solo con “asili nido gratis” o il “raddoppio bonus bebè”, come ha detto il ministro della Salute Lorenzin (giusto, ma purtroppo non basta). Il caso del Giappone, che da decenni combatte l’emergenza della natalità e dell’invecchiamento della popolazione, che ha addirittura un ministero dedicato e che ogni anno sperimenta nuove politiche, avrebbe potuto insegnarci qualcosa. Un paese che invecchia sempre di più – l’età media in Italia è di 44,9 anni nel 2017, 45,2 previsti nel 2018 – avrà una spesa pensionistica sempre più importante, e il welfare sarà incapace di assistere i suoi cittadini. Fate presto. E iniziate a dirlo: fate figli.
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