Il contribuente è l'utilizzatore fiscale
Nel primo bimestre 2015 la guerra all’evasione fiscale ha prodotto 727 milioni di euro, il 32,6 per cento in più dello stesso periodo dello scorso anno. Egualmente le entrate tributarie si sono ridotte di 484 milioni (lo 0,8) ad aliquote invariate: principalmente per il minor gettito Iva causato dal calo dei consumi. Intanto la Guardia di Finanza comunica di aver scoperto nel 2014 oltre 8 mila evasori totali, sprechi di spesa pubblica per 2,6 miliardi, frodi allo stato per 1,5 causa finanziamenti pubblici e sussidi di welfare non dovuti. Si potrebbe continuare.
Messe così, però, queste cifre assomigliano a un’ordinaria contabilità un po’ condominiale. Anche se il politicamente corretto fa dire il contrario, nessuno si scandalizza davvero per l’evasione fiscale, a meno che non riguardi i vip, nel qual caso scatta l’impulso mediatico-manettaro. Figuriamoci poi per l’elusione di massa, per esempio quella generata a favore di finti poveri da un Isee pieno di buchi. La situazione cambierebbe radicalmente, e gli italiani si metterebbero a fare il tifo per le Fiamme gialle e perfino per l’Agenzia delle entrate, se il malloppo recuperato andasse in modo immediato, visibile, tracciabile, ad alleggerire l’insopportabile pressione che grava su cittadini, imprese, consumi. E forse dal combinato disposto di più soldi in tasca e meno Iva – invece si discute di come evitare l’aumento 2016 – avremmo la frustata per far ripartire sul serio l’economia.
Del resto era proprio questo che il governo aveva promesso a maggio scorso, con un emendamento al decreto Irpef: “Le misure straordinarie di contrasto alla lotta all’evasione andranno anche nel 2015 alla riduzione della pressione fiscale, attraverso l’apposito Fondo del ministero dell’Economia”. Che cosa si intende per “straordinarie”? “Ciò che si incassa in più rispetto all’anno precedente detratte le spese di recupero”. Matteo Renzi sa benissimo che non basta dire “non aumentiamo le tasse”: non basta in un paese che, comunque la veda l’Istat o il governo, versa al fisco oltre il 43 per cento di quel che produce. In questa terra di mezzo tra cronoprogrammi e regole europee, proprio ora serve un guizzo: Renzi, mantieni quella promessa.