Se mi siluri, ti bastono
"Tre domande al governo” le rivolge sul Sole 24 Ore Lorenzo Codogno, visiting professor alla London School of Economics, domande con risposta incorporata, critiche non da poco al Documento di economia e finanza (Def). Criticare è ovvio e doveroso, sennonché Codogno è stato in organico al ministero dell’Economia come dirigente generale e capo economista, fino al 28 febbraio, quando sono scattate le dimissioni annunciate a fine 2014 per dissensi su una linea di finanza pubblica poco ortodossa rispetto ai vincoli europei. Infatti una delle domande riguarda lo scostamento del decimale di deficit che genererebbe il famoso “tesoretto”, e “può essere visto a Bruxelles come un dito in un occhio”. Fin qui siamo allo “zero virgola”, ma poi le accuse investono la natura stessa della politica economica: poste di bilancio non strutturali; spending review tradita; rientro dal debito in dubbio. Eppure Codogno ha lasciato dal 2006 in poi la propria decisiva impronta sui documenti di finanza pubblica di tre governi: Berlusconi-Tremonti, Monti-Grilli, Letta-Saccomanni: e non si può dire che tra Roma e Bruxelles siano state rose e fiori.
Senza tornare all’autunno 2011, basta la doppia bocciatura di Saccomanni sulla legge di stabilità di fine 2013… altro che dito nell’occhio. Ma appunto più del merito vale il metodo. Si può chiedere a chi fino a pochi giorni prima ha servito da civil servant ai massimi livelli di essere più “fair” verso la sua ex amministrazione? Ancora peggio ha fatto l’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, già capo di Stato maggiore della Difesa, anche lui fino al 28 febbraio. Ancora in carica, ma già ansioso di tornare “ai miei gatti”, liquidò sprezzantemente l’ipotesi di intervento in Libia e l’abbandono di Mare Nostrum. Legittimo sennonché, assaporata la pensione, si è subito detto “sconcertato” dal Libro Bianco della Difesa redatto dal governo in quanto “sproporzionato sull’Esercito”. Gli esempi di questo tipo potrebbero continuare: tra chi rema contro in servizio e chi non si tiene appena congedato dal liberare la lingua avvelenata. E’ il problema dell’alta burocrazia, bellezza. Nel privato, infatti, correttezza e non concorrenza sono compensate con ricchi bonus inclusi nelle clausole contrattuali. Nello stato dovrebbe valere invece il senso delle istituzioni: che pure, ovvio, non lesinano né potere né retribuzioni.