Aspettando Tsipras
A ore, ormai, si attende l’intesa o la rottura. La prima è più probabile della seconda, almeno secondo le indiscrezioni che trapelavano ieri. Il programma di riforme della Grecia, che il premier ellenico Alexis Tsipras ha detto di aver presentato ai suoi interlocutori politici, sarà dunque valutato sufficientemente impegnativo per sborsare l’ultima tranche di aiuti accordati negli scorsi mesi dalla Troika (composta da Unione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale).
Anche se per uno Tsipras che si mostra ottimista, che sembra voler dire “ora tocca a voi” rivolto ai leader europei e al Fmi, subito c’è un qualche portavoce a Bruxelles che si affretta a mininimizzare, come accaduto anche ieri: “Non siamo ancora a un accordo”, ma il fatto che ci sia “uno scambio di proposte e di documenti è di per sé un buon segno”. E se alla fine debitore greco e creditori internazionali si accorderanno – fosse entro venerdì quando Atene dovrà rimborsare una prima importante rata al Fmi, o fosse entro fine giugno quando scade ufficialmente il programma della Troika – fidatevi che la solfa rimarrà la stessa. L’accordo tra due soggetti così sarà sempre e comunque parziale, sempre migliorabile per ammissione di entrambe le parti. La saga in stile extend and pretend continua.
Finché Mario Draghi permette, s’intende: la Banca centrale europea ieri ha alzato da 80,2 a 80,7 miliardi di euro l’ammontare del fondo di emergenza per le banche greche (denominato Ela). E finché Atene e Berlino proporranno politiche economiche rispettivamente inintegrabili. Con l’onere della scelta, ovviamente, che pende su Tsipras più che su Angela Merkel.