Sergio Marchionne (foto LaPresse)

Il modello è Marchionne

Redazione
La nuova Alfa non ci sarebbe senza rivoluzione tra Obama e Pomigliano

"Prima di entrare in Fiat, quand’ero giovane e foolish, guidavo macchine tedesche come la Bmw M5 – ha rivelato Sergio Marchionne – Credetemi, questa Alfa non ha nulla da invidiare. Anzi, è meglio”. Così l’amministratore delegato di Fca prima della presentazione ufficiale di Giulia Quadrifoglio, la vettura che, nelle sue intenzioni, dovrà proiettare l’azienda nel ristretto club dei marchi Premium. Quelli che, per riprendere il ritornello ripetuto fino alla nausea dai tanti detrattori di casa nostra, “hanno fatto gli investimenti” e perciò “hanno i modelli”, a differenza del gruppo controllato da Exor, capace solo di strategie difensive per guadagnare tempo e scappare dall’Italia verso lidi più profittevoli. La risposta è da ieri esposta nella fabbrica-museo dove 105 anni fa iniziò l’avventura dell’Alfa: una macchina “cattiva”, a trazione posteriore, con un propulsore razza Ferrari, frutto di una piattaforma nuova di zecca, sviluppata al momento giusto, dopo il merger con Chrysler grazie ai capitali ricavati dai profitti e dall’accesso al credito reso possibile pure dallo sbarco a Wall Street che hanno consentito investimenti e assunzioni in Italia.

 

Il tutto con il sostegno di relazioni industriali finalmente in linea con quelle dei concorrenti, dopo la svolta iniziata con il referendum in fabbrica a Pomigliano del 2010. Senza sollecitare o ricevere fondi di stato. Una scommessa vinta? Non ancora del tutto. E non solo perché il traguardo di 400.000 Alfa new look da vendere entro il 2018 (otto nuovi modelli, 5 miliardi di investimenti) è molto ambizioso. Ma perché Marchionne, che ama guardare avanti, non ha né tempo né voglia di prendersi rivincite su Maurizio Landini e compagni. Batte alle porte la sfida dell’automotive del futuro, 350 miliardi di investimenti che in tutto il mondo saranno assorbiti da vincoli ambientali, evoluzione della mobilità, auto elettrica o a idrogeno, ibride o senza guidatore. Uno sforzo che imporrà alleanze e fusioni a cui Fca vuol partecipare da protagonista, non da preda. “Il vero target della nuova Alfa sono i potenziali partner più che i clienti”, commenta Max Warburton, analista principe dell’auto spesso tutt’altro che tenero con Marchionne. Stavolta l’ad di Fca vuol dimostrare che l’Italia a quattro ruote è invece vispa e vegeta. Grazie a lui, non alle chiacchiere sui modelli.

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