Nella buona intervista di Renzi al Sole mancano solo due parole: spesa pubblica
Intervistato dal direttore del Sole 24 ore Roberto Napoletano, Matteo Renzi ha recuperato una giusta misura di sicurezza di sé senza travalicare, come gli era accaduto talora negli ultimi tempi, i limiti dell’arroganza. La sostanza del suo ragionamento è la constatazione di una condizione nuova e più favorevole dell’Italia nella considerazione dei mercati e dei partner europei e atlantici, basata sui segnali di ripresa e sul successo riportato nell’affrontare una serie di crisi aziendali. Naturalmente solo l’evoluzione concreta della situazione critica determinata dalla prospettiva di default della Grecia dirà se questa analisi è davvero fondata, ma va sottolineato che viene argomentata con dati reali, dal ruolo più interventista della Bce agli effetti della riforma del mercato del lavoro.
Insomma l’ottimismo non pare di maniera, e la prospettiva di un cambiamento della monomania rigoristica dell’Europa viene presentata come una tendenza sostanzialmente inevitabile, anche se necessariamente affidata a una strategia gradualistica e di piccoli passi. Ai “fendenti” dell’intervistatore Renzi risponde con calma ma con fermezza, come quando rivela di non aver voluto partecipare a vertici europei ristretti, sul modello del direttorio franco-tedesco nonostante sia stato invitato a farlo, perché “i luoghi dove si fanno le trattative non sono quelli a favore di telecamere”. Una bella parata con stoccatina finale. Anche la difesa delle regole europee che la Grecia non vuole accettare è affidata a una visione non ristretta, alla preoccupazione di quel che potrebbe accadere nelle elezioni spagnole di fine anno e in quelle francesi dell’anno dopo se si desse l’impressione che basta strillare per far saltare il banco. Ai dubbi sull’efficacia delle riforme Renzi replica sostenendo in esplicita polemica con Napoletano, che “una parte dei problemi dell’Italia, caro direttore, è anche il racconto che offre di lei la sua classe dirigente. O presunta tale”. Un piglio che ricorda, se lo si può dire senza nuocergli, quello del Berlusconi dei tempi migliori.
[**Video_box_2**]Se si fosse trattato di una partita il punteggio sarebbe chiaramente a vantaggio del premier. Forse però questa vittoria è dovuta anche a quel che dimenticanza di Napoletano, che ha insistito sulla riforma del catasto, consentendo a Renzi di replicare che l’ha bloccata perché avrebbe avuto un effetto fiscale depressivo del mercato immobiliare, ma non ha trovato lo spazio per chiedere conto di quello che resta il punto più critico dell’azione di governo, il continuo rinvio di misure di effettivo risparmio sulla spesa pubblica, senza le quali le promesse di riduzione dell’imposizione fiscale appaiono più l’espressione di una speranza che la realizzazione di un impegno.