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Tutto quello che gli altri non vi hanno detto sul voto greco

Redazione
Commenti, analisi, numeri sul referendum di Atene. Una guida fogliante

Stasera si saprà se gli elettori greci avranno detto "sì" o "no" alle richieste dei creditori internazionali – stati europei, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale – per continuare a sostenere l'economia greca. Il governo ellenico ha negato fino all'ultimo che si trattasse di un referendum sulla permanenza della Grecia nell'Eurozona, ma gli altri leader europei – e la maggior parte degli analisti – dicono il contrario.

 

Per capire perché la vittoria dell'"oxi", cioè del "no", potrebbe strangolare l'economia greca e costringerla al default o all'uscita dall'euro, o a tutte e due le cose insieme, bisogna analizzare la situazione delle banche del paese. Le code di fronte ai bancomat da lunedì le abbiamo viste su tutti i telegiornali. Quel che andrebbe spiegato è perché, se non ci fosse stato il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, fare la fila sarebbe stato perfino inutile, perché quelle stesse banche sarebbero già saltate. Basta vedere i numeri che dimostrano la progressiva trasformazione di Atene in una "cash economy".

 

Quand'è cominciata questa corsa contro il tempo? Venerdì scorso, per l'esattezza, quando il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis ha abbandonato l'Eurogruppo mentre rientrando ad Atene il suo primo ministro convocava a sorpresa un referendum popolare. A dire il vero, Giuliano Ferrara, lo scorso aprile, aveva già identificato "le ragioni estetico-puritane" che avevano spinto Varoufakis a uscire dal gruppo.

 

A voler approfondire, però, occorre dire che siamo oltre il duemillesimo giorno dall'inizio della crisi greca, e quindi della moneta unica. Solo che a forza di star dietro alle piroette del governo di sinistra radicale rischiamo di dimenticarlo. Così, dopo la convocazione del referendum, ecco che questa settimana è arrivato pure un nuovo tentativo di riaprire i negoziati: "Il sipario si è aperto il 18 ottobre 2009 quando il neo primo ministro George Papandreou ha ammesso che i conti sono stati truccati, e mercoledì è arrivato un altro coup de théâtre. Gli italici tsiprioti sono rimasti di sasso quando hanno letto la lettera che il loro eroe ha inviato alla Troika (pardon alle tre istituzioni vigilanti) nella quale accetta quasi tutte le condizioni, anche se insiste nel chiedere una estensione delle scadenze e un terzo salvataggio da 29 miliardi di euro", ha scritto Stefano Cingolani. Altra dura verità che ci viene dalla storia: dal momento della sua fondazione, nel 1830, la Grecia ha passato la metà del suo tempo in default. Non ci credete? Leggete gli archivi della diplomazia italiana.

 

Se volete emanciparvi dall'eccessivo dettaglismo di questi giorni, e andare al succo politico della vicenda, il direttore Claudio Cerasa la mette così: "La parabola Tsipras dimostra i limiti di chi prova a fare l’anticapitalista col culo degli altri". Lezioni per l'Italia e per il resto d'Europa non mancano: "Oggi la novità è che l’acronimo “Pigs” torna d’attualità non a causa di paesi inadempienti quanto per alcuni populisti che dimostrano di essere incompatibili con l’architettura e le regole europee. I Pigs, oggi, sono rappresentati dai Podemos (P), dai partiti Indipendentisti (I,  e non solo la Lega), dai movimenti alla Grillo (G) e ovviamente dai compagni di Syriza (S)".

 

Ferrara aggiunge che la tanto osannata "sovranità" del valoroso popolo greco c'entra poco o nulla con quanto accade: "Niente è mai inevitabile quando è in ballo la politica. Il fondo della politica è tragico, e dunque parla di inevitabilità degli eventi (le tragedie questo sono: un esito inevitabile e infausto), ma la politica è strumento flessibile, esposto al compromesso non meno che alla rottura, è appunto anche la tecnica per evitare tragedie e melodrammi. Se le cose sono arrivate a questo punto, e il rapporto tra il governo di estrema sinistra di Atene e l’Unione europea è degenerato fino alla rissa sui quattrini, sui debiti, ci deve essere una ragione, come che si dispongano ora le cose giorno dopo giorno, nel precipitarsi verso lo sconquasso potenziale".

 

[**Video_box_2**]Ultimo dubbio che tutti ci assilla: ma il governo italiano ha un piano per contenere l'eventuale effetto contagio di una Grexit? Il Foglio questo piano lo ha svelato per primo: è scritto in italiano ma, ancora una volta, è nelle mani di Draghi. Il ministro delle Finanze italiano, Pier Carlo Padoan, questa settimana ha confermato tutto.

 

p.s. Intanto però, se stasera non sapete come affrontare lo tsipriota seduto accanto a voi, qui ci sono tutti gli ultimi sondaggi raccolti per mostrarsi "up to date" e infine ecco il manuale stilato da Andrea Marcenaro per sopravvivere al tipico supporter italiano del premier greco.

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