Nobel da salotto
Dopo essersi sbracciato a incitare i greci al voto referendario contro l’intesa proposta dall’Europa, il premio Nobel per l’Economia Paul Krugman si è accorto tardivamente che in quel modo li spingeva su un vicolo cieco, così ha innestato una cauta retromarcia. “Forse – ha detto alla Cnn – ho sopravvalutato la competenza del governo greco. Non sapevo che non avessero un piano d’emergenza”. Come spesso accade agli accademici, la sua autocritica in realtà si ribalta in una critica a Alexis Tsipras che sarebbe responsabile di non saper fare i miracoli. Si ha l’impressione che per i pensatori radical chic la vicenda greca sia diventata una specie di gioco di società, una gara a chi la sparava più grossa, nel più totale disinteresse per le conseguenze sulle condizioni reali del popolo greco.
Anche la lettura della “strategia” di Syriza è stata disattenta e parziale: sono state apprezzate e sopravvalutate le asserzioni rodomontesche dei vari Varoufakis, mentre non si è dato il giusto peso al cambiamento del programma elettorale del 2015, basato sulla difesa a oltranza della presenza greca nell’Eurozona e non nell’uscita dalla moneta comune, com’era invece auspicato tre anni prima. E’ anche in virtù di quel mandato che Tsipras, una volta constatato il fallimento della manovra demagogica referendaria, ha dovuto accettare le condizioni dei creditori. Il piano d’emergenza di cui ciancia Krugman avrebbe negato quel presupposto di fondo, per questo non c’era e non poteva esserci. Comunque, nonostante la venatura di ipocrisia, l’autocritica di Krugman è un segno di onestà intellettuale, insolita nel suo ambiente e per questa ragione tanto più apprezzabile della insistenza nell’errore, per esempio, di Joseph Stiglitz.