Piccoli imprenditori e commercianti spronano Renzi a tagliare tasse e spesa
"Il taglio delle tasse e' efficace nella misura in cui è credibile ed è credibile nella misura in cui e' permanente ed e' permanente se compensato in parte da tagli di spesa", ha detto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan intervenendo oggi al convegno di Confcommercio a conferma di quanto dichiarato al Foglio ("i tagli delle tasse devono essere finanziati in tutto o in parte con tagli di spesa") che segna l'intenzione del governo di scostarsi dalla "tradizione passata della sinistra, che appare un po' inaridita" di tassare per spendere di più anziché spendere meno per tassare meno [leggi l'intervista a Padoan condotta da Marco Valerio Lo Prete].
Tesi che trova d'accordo la confederazione degli imprenditori del commercio che hanno offerto a Padoan analisi e dati a dimostrazione dell'equazione meno spesa = meno tasse a partire dalla riduzione degli sprechi nelle amministrazioni pubbliche locali.
"La riduzione delle inefficienze e degli sprechi nelle amministrazioni pubbliche è la condizione necessaria, sebbene non sufficiente, per intraprendere un percorso di graduale, sicura e generalizzata riduzione del carico fiscale su famiglie e imprese. Per alcuni, la contrazione del tasso di spreco pubblico è azione accessoria rispetto a una più ampia ridefinizione del perimetro dell’azione pubblica, in conseguenza della quale il carico fiscale potrebbe diminuire considerevolmente", scrive Confcommercio.
Il grafico a dispersione evidenzia una correlazione negativa tra l'aumento della spesa corrente e la crescita economica. Ovvero gli eccessivi incrementi di spesa pubblica o un'incidenza crescente in rapporto al pil genera effetti distorsivi per lo sviluppo del sistema economico.
Da dove viene l'eccesso di spesa improduttiva e dove tagliare? Un indizio importante dalla tabella qui sopra: "Moltiplicando l'eccesso di spesa per igni regione si ottiene una stima aggregata dell'inefficienza. A fronte di una spesa pubblica gestita localmente di 176,4 miliardi di euro, ai livelli attuali dei servizi pubblici si potrebbero risparmiare 74 miliardi di euro, pari al 42 per cento del totale nazionale. In altre parole, ai prezzi della Lombardia – calcola Confcommercio –, i servizi pubblici locali in Italia potrebbero costare 102,3 miliardi e non 176,4 miliardi". Se tale risparmio, dice Confcommercio, fosse reinvestito al 70 per cento per potenziare il rendimento delle amministrazioni pubbliche ai livelli del benchmark considerato, ovvero la Lombardia, resterebbero quasi 23 miliardi di risparmi netti, cioè il 13 per cento della spesa attuale.
Il confronto sull’aggregato delle uscite totali, comprensive quindi della spesa per il servizio del debito, risulta più corretto, perché un’elevata consistenza del debito alimentata da politiche fiscali accomodanti in deficit spending, mantenute per periodi prolungati, rappresenta una precisa scelta di policy delle classi dirigenti pro tempore, orientata a fornire servizi e prestazioni ai cittadini scaricando sulle generazioni successive l’onere di far fronte alla sostenibilità del debito. Qui, osservando la tabella qui sopra – che ordina la successione delle variazioni medie annue per quinquennio del pil reale pro capite, ponendola in correlazione con la successione, analogamente ordinata, delle variazioni assolute per quinquennio delle uscite totali correnti delle Amministrazioni pubbliche tra il 1995 eil 2014 per i paesi dell’Unione europea, Norvegia, Svizzera, Stati Uniti e Giappone – importa interrogarsi se la quantità e la qualità della spesa pubblica, sempre in termini di confronti relativi, abbiano nel medio/lungo termine un qualche rapporto significativo con la crescita economica, condizionandola in senso positivo o negativo, secondo le risultanze di eventuali evidenze empiriche.
Il grafico a dispersione, proposto in cima, che si serve dei dati in tabella, dimostra che a dispersione evidenzia un’inequivocabile correlazione negativa, per la quale, nel medio/lungo termine quanto maggiori risultano le variazioni della spesa pubblica corrente in rapporto al pil, tanto minore – in alcuni casi negativo – appare il ritmo di crescita del pil reale pro capite. Di fatto, gli eccessivi incrementi di spesa pubblica sembrerebbero scoraggiare la crescita, dice Confcommercio.
[**Video_box_2**]L'ultimo grafico proposto, curioso, è elaborato sullo European Quality of Government Index (QoG), relativo al 2013 e al dettaglio territoriale di NUTS2 (per l’Italia corrisponde al livello amministrativo regionale) secondo la nomenclatura Eurostat. Si tratta di un indice sintetico elaborato da un team di ricercatori5 del Quality Government Institute, presso il Department of Political Science dell’Università svedese di Göteborg, che prende in considerazione 16 sub-indicatori riaggregati in tre principali “pilastri” inerenti all’attività amministrativa: qualità, imparzialità e diffusione della corruzione; migliore è la qualità percepita dell’azione governativa, maggiore è l’indicatore.
L’impressione netta – anche visiva ovviamente – è che sostanzialmente si fronteggino due Europe, molto diverse tra loro sotto il profilo della qualità delle funzioni amministrative, secondo una linea di demarcazione ideale che separa l’efficienza delle aree del nord Europa e dell’Europa occidentale (blu) e quelle del sud Europa e dell'Europa orientale (rosso).