Agnelli-Elkann, profumo d'inchiostro
Mi piace il vento perché non si può comprare”, disse un giorno l’Avvocato. Amava le barche veloci. Passioni. Come quella per l’editoria. Gianni Agnelli coccolava la Stampa e il Corriere della Sera, era un padrone-editore-amante che si intratteneva con i giornalisti. Raccontava molto. Voleva sapere tutto. John Elkann e Sergio Marchionne proseguono nella linea che fu dell’Avvocato, l’internazionalizzazione dei tre settori tradizionali della casa di Torino: auto, assicurazioni, editoria. Exor prima ha conquistato il gigante assicurativo PartnerRe e poi l’Economist. Un colpo che apre tutti i salotti britannici. E’ come entrare nel club Beefsteak di Londra nei primi anni del Novecento. Scotland Yard vi fece irruzione, confondendolo con un bordello. Quattro uomini al tavolo. Lei chi è? “Sono il lord cancelliere”. E lei? “Il governatore della Banca d’Inghilterra”. E lei? “L’arcivescovo di Canterbury”. Il poliziotto si rivolse al quarto: immagino lei sia il primo ministro. “Sì, lo sono”, rispose Arthur Balfour.
All’Economist gli azionisti contano, ma i giornalisti pesano. Per questo i titani di internet sono rimasti alla porta, nella Silicon Valley la libertà di stampa è un algoritmo. Pearson ha venduto perché crede che il film dell’editoria sia ai titoli di coda, John Elkann pensa di no e paga 405 milioni di euro per il 43,5 per cento del capitale. Nel portafoglio di Exor, indirettamente o direttamente, ci sono grandi marchi: Bantham Books, Random House, Le Monde, The Economist, Corriere della Sera, La Stampa, Secolo XIX, Banijay Group. Lo scenario è duro, per Elkann e Marchionne è questa la sfida più complicata: è una storia che ha bisogno di un futuro. E come il vento, non si può comprare. Solo inventare.