Italia-Bce, abbiamo un problema
Che succede tra Italia e Banca centrale europea? Una lettera all’Eurotower di Fabio Panetta, vicedirettore generale di Banca d’Italia, definisce “ingiustificate” e “arbitrarie” le ultime richieste di capitale proprio agli istituti dell’Eurozona per erogare credito. Richieste di Francoforte che secondo Panetta rischiano di portare a nuove ricapitalizzazioni dopo quelle successive agli stress test, e di bloccare ulteriormente i prestiti e quindi la ripresa. La lettera ricorda che le banche italiane hanno in stragrande maggioranza superato i test, chi non ce l’ha fatta sta provvedendo con aumenti di capitale o con la trasformazione in società per azioni come le popolari più grandi (e per inciso non c’entra nulla l’inchiesta di queste ore sui vecchi vertici della Popolare di Vicenza). Sennonché la Vigilanza è intanto passata alla Bce; il nuovo organismo, che sta in una sede a parte rispetto al board, ha ulteriormente aumentato i parametri patrimoniali; il test è stato superato da un numero ancora maggiore di banche italiane, ma molti si chiedono il perché del continuo alzare l’asticella mentre l’“altra Bce”, quella di Mario Draghi, inietta credito a costo zero.
Una disputa che potrebbe restare confinata all’ambito tecnico se non ci fossero altri segnali di distanza tra Francoforte e Roma. Il Bollettino economico della Bce, quindi gli uffici di Draghi, ha censurato il fatto che l’Italia intende utilizzare i risparmi sui titoli pubblici prodotti dall’allentamento quantitativo (Quantitative easing) non per ridurre il debito ma per finanziare manovre espansive. Terzo e ultimo dossier su cui Roma e Francoforte farebbero bene a capirsi presto è quello della bad bank. Anche se la competenza è della Commissione di Bruxelles, l’Eurotower oggi non incoraggia più con eccessivo trasporto il progetto governativo di un istituto in cui confinare i crediti a rischio. A differenza di quanto avvenne ai tempi della ripulitura dei bilanci bancari concessa alla Spagna quando ottenne gli aiuti per il settore creditizio. Ma allora Madrid, oltre ad accettare un controllo occhiuto della stessa Bce, dovette impegnarsi a intensificare le sue già notevoli riforme, specie nel mercato del lavoro.
[**Video_box_2**]Proprio dalle riforme potrebbe ripartire un dialogo più franco tra Italia e Bce. Il presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, ha approvato il Jobs Act lasciando però fuori tutto il settore pubblico; mentre il trasferimento a livello aziendale della contrattazione, chiesto dalla stessa Bce fin dal 2011, è oggi sabotato innanzitutto da Cgil e Uil, oltre che dall’attendismo della controparte industriale. Forse più che chiedersi che cosa stia succedendo tra Italia e Bce, la domanda giusta è: Roma procede ancora sulla strada delle riforme economiche?