Marchionne, la Uaw e le lenti sbagliate
Il 65 per cento dei 36 mila lavoratori americani della Fiat Chrysler Automobiles ha bocciato l’accordo sul contratto raggiunto da Sergio Marchionne e Dennis Williams, capo del Uaw, il sindacato dei lavoratori dell’auto. Ed è certo un grattacapo per Marchionne e per Williams, eletto un anno fa come leader delle Trade Union. Bizzarra è invece la rappresentazione in salsa italiana che ne danno il segretario della Fiom, Maurizio Landini, e altri attendamenti della sinistra politico-mediatica. “Non si Usa più” e “Marchionne, lo schiaffo americano” titola il manifesto, suggerendo che oltre Atlantico dilaghi lo slogan “Vote ‘no’ to Sergio”. Quanto alla tesi del segretario della Fiom, pronta per i talk-show: “E’ un esempio di democrazia, in Italia non è mai stato possibile permettere ai dipendenti di votare senza ricatti”. Certo: se a febbraio Landini, prima di proclamare gli scioperi contro i sabati lavorati a Pomigliano e Melfi, avesse chiesto ai suoi iscritti, avrebbe evitato il fiasco di una partecipazione del due per cento.
Chi glielo impediva? La realtà è che il referendum è insito nel modello contrattuale aziendale americano, che Cgil e Fiom non vogliono assolutamente in Italia: tanto aziendale che la Uaw ha “testato” l’accordo alla Chrysler essendo General Motors e Ford più ostiche. Né c’entra la politica: i “no” sarebbero dei giovani assunti a paga più bassa dopo il salvataggio (a opera di Marchionne), i quali chiedono un avvicinamento ai veterani. Il negoziato è aperto, finirà in un compromesso o in uno sciopero. Là è fisiologia, non patologia. Nulla da spartire con le coalizioni sociali e i pensionati in piazza, la pratica sindacale da noi.