Sergio Marchionne (foto LaPresse)

Non si contano le rivincite di Sergio

Redazione
L’Ipo di Ferrari e l’accordo con la Uaw. Fiat è nell’Altro mondo

A dispetto degli antipatizzanti italiani il 77 per cento dei dipendenti americani di Fiat Chrysler ha approvato il nuovo contratto aziendale sul quale si sono lealmente sfidati Sergio Marchionne e Dennis Williams, leader dello Uaw, il sindacato lavoratori dell’Auto. Trattativa dura, con un primo accordo bocciato ma con un esito che Norwood Jewell, un altro dirigente sindacale, definisce “il miglior rinnovo mai ottenuto”. Lo sciopero è stato usato come arma negoziale per ottenere più soldi, l’allineamento tra dipendenti anziani e giovani, maggiore profit-sharing (compartecipazione agli utili), benefici sanitari. Lo Uaw, che ha ingaggiato una società di consulenza e pubbliche relazioni, ora proporrà il modello a Ford e General Motors.

 

Marchionne ha riconosciuto il ruolo degli interlocutori, osservando il giorno del debutto a Wall Street della Ferrari come “stia cambiando l’atteggiamento delle controparti sociali” in un mercato che dopo il caso Volkswagen “sarà più difficile e nelle mani dei regolatori”, come il caso diesel Volkswagen insegna. Parole distanti dall’immagine di nemico del popolo e della Costituzione confezionata qui dalla Fiom di Maurizio Landini, e che suggestiona un fronte sindacal-politico più ampio e trasversale. Soprattutto, la vertenza americana dovrebbe essere per il sindacato italiano – e per gli imprenditori, Confindustria in testa – il miglior testimonial della contrattazione aziendale e dell’abbandono dei riti concertativi. La fabbrica (che Landini vorrebbe occupare), la produzione, il profitto e il lavoro sono il cuore di tutto. Il resto, vecchi slogan da vecchie piazze e da vecchi talk-show.     

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