C'è un interventista nel Labour
Il Labour deve resistere all’isolazionismo, imparare la lezione irachena ma senza restarne “ammanettato”. Hilary Benn, ministro degli Esteri del governo di opposizione britannico, il Labour di Jeremy Corbyn, continua la sua campagna sui valori del partito in politica estera, ispirati alla difesa dell’interesse nazionale e all’interventismo.
Nella breve anticipazione di un pamphlet scritto per la Fabian Society – la presentazione ufficiale è prevista per il 19 gennaio prossimo – Benn spiega che la campagna irachena, voluta dall’ex premier laburista Tony Blair, non deve essere una buona ragione per “ritirarsi dal mondo e dalle nostre responsabilità” né per “dipendere da altri nella battaglia in difesa dei nostri interessi”. Secondo il ministro ombra, se il Labour dovesse tornare di nuovo al governo, “gli elettori devono avere ben chiaro che noi difenderemo gli interessi e i valori inglesi all’estero”. E fin da ora il Labour deve “resistere” di fronte alle voci isolazioniste che si alzano dentro al Regno Unito e in Europa.
Dopo il discorso più applaudito ai Comuni per giustificare il voto all’allargamento delle operazioni militari inglesi in Siria, Benn si conferma il leader politico di sinistra che più incarna l’eredità dell’interventismo liberal, con marcate sfumature multilaterali. Questa linea fa ovviamente infuriare l’isolazionista Corbyn, animato da un forte sentimento antioccidentale: il capo del Labour prende le distanze da Benn, dice che la sua posizione è già chiara e ben diversa, e ironizza sull’“acclamazione sciovinista” ricevuta dal ministro ombra ai Comuni. Ma l’astro di Benn cresce, e il cuore di un certo Labour ricomincia a battere.