Cosa pensa oggi un investitore di fronte alle banche italiane in Borsa
Milano. La Banca centrale europea ha lasciato i tassi invariati e non ha ampliato il programma di Quantitative easing. Per ora, visto che ha annunciato di essere pronta a mutare le sue politiche qualora fossero necessari interventi significativi nei prossimi mesi. Ancora una volta, le parole e le promesse di Mario Draghi sono bastate a tranquillizzare i mercati per il momento. Anche le banche italiane hanno segnalato una netta ripresa, con Monte dei Paschi sugli scudi dopo aver sofferto particolarmente nei giorni passati. Ma saranno sufficienti le rassicurazioni della Bce, anche sulla tenuta delle banche italiane, per fugare le preoccupazioni degli investitori? Quanto è resistente lo scudo di Draghi e quanto lo sono i bilanci degli istituti di credito italiani? Dai ragionamenti registrati tra politica e finanza ci sono diversi elementi che possono spiegare il saliscendi delle Borse e in particolare dei titoli bancari italiani, tre motivi per cui è preferibile vendere e tre per i quali si potrebbe investire.
Un motivo per cui si vende è il fatto che il sistema finanziario italiano è considerato profondamente acciaccato dalla lunga crisi economica che ha fatto accumulare nei bilanci delle banche una grande massa di crediti deteriorati. A ciò si aggiungono le nuove regole del bail-in, che prevedono l’assunzione del costo dei salvataggi da parte di azionisti, obbligazionisti e correntisti oltre i 100 mila euro, che per forza di cose hanno abbattuto il valore dei titoli degli istituti gestiti peggio e con un più altro profilo di rischio.
Il secondo motivo, più politico, è che le tensioni sui titoli bancari indicano una sfiducia nelle capacità di riformare non solo il sistema creditizio, ma il sistema-paese. Con i titoli di stato protetti dall’ombrello della Bce, le variazioni sui listini bancari possono essere considerati un proxy o un surrogato dello spread, indicando la sfiducia dei mercati verso le promesse disattese e costantemente rinviate sulla spending review.
Il terzo motivo per guardare i listini europei e fuggire a gambe levate riguarda, più che la sola Italia, l’Europa in generale. Senza nascondere i problemi specifici del nostro paese, la perdita dei titoli bancari dell’Eurozona negli ultimi mesi è stata praticamente della stessa entità (35 per cento). Questo perché c’è una smobilitazione degli investitori dall’Eurozona in ragione della sua ripresa mai così fiacca, cui si sommano solo in seconda battuta i problemi economici della Cina e di altri paesi emergenti verso cui l’Ue è esportatrice netta e data la domanda interna debole. Per non dire della difficoltà di Bruxelles ad avanzare in maniera radicale sul piano delle riforme della governance della moneta unica. Il capito dell’unione bancaria insegna.
Dall’altro lato però ci sono almeno tre ragionamenti (in versione semplificata) che potrebbero spingere, in queste stesse ore, a “comprare Italia”. Primo: dopo la lunga e profonda crisi e il crollo dei prezzi, sia nel settore bancario sia in quello immobiliare, si avvertono i primi segnali di crescita e, se ci sarà un’accelerata sul fronte delle riforme annunciate per aumentare la competitività del paese, l’Italia può essere attrattiva per gli investitori esteri.
[**Video_box_2**]In seconda battuta, agli occhi degli investitori il governo italiano gode ancora di una discreta fiducia, di lunga superiore a quella registrata in patria. Si prenda la stampa internazionale, come termometro pubblico. Ieri Simon Nixon, sul Wall Street Journal, citava i dati della ripresa italiana come segnale dell’impatto positivo di alcune riforme (anche se c’è da dire che negli ultimi tempi si iniziano a vedere anche critiche radicali, come quelle espresse sempre ieri dal Monde).
Il terzo elemento positivo riguarda proprio le banche, specialmente dopo le parole di Draghi e la reazione positiva dei mercati: il fuggi fuggi generale dai titoli bancari del nostro paese per l’accumulo delle sofferenze e per la poca chiarezza che c’è attorno ai non performing loans, ha fatto scendere il valore anche di istituti solidi e ben gestiti che possono diventare un’ottima occasione per gli investitori. Che è più o meno ciò che ha detto, sicuramente in maniera inopportuna e non si sa se citando l’esempio migliore, Matteo Renzi quando nell’intervista di ieri al Sole 24 Ore ha parlato di “un ottimo affare” per chiunque volesse investire ora in Mps.