Papa Francesco riceve Tim Cook, Amministratore Delegato di Apple

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Redazione
Steve Jobs non è nato a Napoli? La globalizzazione può portarcelo.

Qualche anno fa il giornalista partenopeo Antonio Menna scrisse un libricino: “Se Steve Jobs fosse nato a Napoli”. Era il racconto di come sarebbe stato impossibile per uno “Stefano Lavori”, partendo da un garage, far nascere una Mela tra tasse, burocrazia e camorra: “La Apple a Napoli non sarebbe nata, perché saremo pure affamati e folli, ma se nasci nel posto sbagliato rimani con la fame e la pazzia, e niente più”.

 

Ora, a distanza di qualche tempo, la Apple sbarca davvero sotto il Vesuvio per insediare il primo centro europeo di sviluppo per App iOS, il sistema operativo del colosso di Cupertino. Matteo Renzi, che ieri ha incontrato a Roma il successore di Jobs e ceo di Apple Tim Cook, dice che l’investimento porterà 600 nuovi posti di lavoro. Nel comunicato ufficiale dell’azienda si parla più genericamente di un Centro di sviluppo in partnership con un’istituzione, che sarà l’università Federico II, per preparare docenti e studenti come sviluppatori Apple. In ogni caso si tratta di un’ottima notizia, che fa il paio con un investimento simile a Scampia di un altro big della Silicon Valley come Cisco, e che indica al sud, proprio dalla sua città più importante, una via d’uscita dallo stato di minorità alternativa alla spesa pubblica assistenziale, alle Casse del Mezzogiorno e a un certo meridionalismo straccione che cita Giustino Fortunato e Antonio Gramsci per restare attaccato alla mammella statale.

 

[**Video_box_2**]Il mezzogiorno può ripartire se crea le condizioni per far emergere le proprie eccellenze, per attirare capitale umano e investitori convinti che si possano fare profitti. In fondo, al tempo della globalizzazione, non serve tanto la fortuna che uno Steve Jobs nasca a Napoli, ma la capacità di attrarre qualche Tim Cook e soprattutto di non farlo scappare.

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