L'asse utile con Londra sull'Europa
Commentando le parole del cancelliere dello Scacchiere George Osborne, ospite ieri a Roma di un’iniziativa dell’Aspen Institute in compagnia di Pier Carlo Padoan, qualcuno ha sintetizzato dicendo che per gli inglesi l’Unione europea è in fondo un fatto di sesso, non di amore. “L’Eurozona è il nostro maggior partner commerciale – sono parole del plenipotenziario di Cameron – La sua stabilità per noi è importante, ma non vogliamo essere chiamati a pagarne i costi”. E ancora: “Non siamo in Schengen e non ci interessa un esercito europeo, vogliamo il completamento del mercato unico, secondo il documento proposto anni fa dal vostro Mario Monti ma rimasto nel cassetto… Sarà perché non c’è un vero single market che non esistono grandi compagnie Internet britanniche o italiane?”. Ascoltando Osborne si capisce in fondo cosa Matteo Renzi cerchi da un’asse tra Londra e Roma: una certa assertività retorica, quell’immagine un po’ maschia e un po’ smart con cui chiedere all’Europa 100 per ottenere non meno di 99. Quanto questo sia poi possibile, per l’uno e l’altro governo, è un discorso diverso.
Per essere come Cameron e Osborne, devi fare come Cameron e Osborne: duro ma credibile. Mentre il suo collega d’Oltremanica sciorinava le richieste che il governo conservatore ha sottoposto a Bruxelles per scongiurare la Brexit nel prossimo referendum, il ministro Padoan ribadiva la formula renziana: chiediamo la flessibilità che ci spetta, perché stiamo facendo le riforme. Ma non di sola flessibilità – cioè di un’autorizzazione a maggiori margini di deficit fiscale – può vivere la strategia europea del governo italiano. Facciamo anche noi i paladini dell’abbattimento delle barriere non tariffarie che ancora non fanno dell’Europa un unico grande mercato per i beni, i servizi e i capitali, spingiamo per un superamento dell’antistorica politica agricola comune e adottiamo un approccio credibile sull’Unione bancaria. Sulla disciplina del bail-in, non paga fare la figura di quelli che non si erano accorti delle regole che avevamo approvato. Sul fronte interno, per fare come Osborne, serve una politica fiscale severa, di tagli robusti e costanti alla spesa pubblica che permettano di ridurre le imposte sul reddito e di riattivare gli spiriti animali dell’economia. Fare come Osborne, insomma, e non solo fare asse con Osborne. Con queste premesse, ti siedi più agevolmente dalla parte della ragione.