“Non siamo avvelenatori, siamo qui per creare crescita e benessere”, Eni scrive ai lucani
“Dopo tanti anni di presenza di Eni sul territorio, con le nostre persone e le nostre attività, mi sento di dire che in Basilicata ci consideriamo di casa. Vorrei soprattutto ribadire con forza che non siamo avvelenatori: ambiente e salute sono le nostre priorità e per nessuna ragione metteremmo a repentaglio chi abita i luoghi che ci ospitano e chi lavora nei nostri impianti.”. Dopo i provvedimenti della procura di Potenza nell’inchiesta sul petrolio lucano nel filone che riguardano presunti illeciti nello smaltimento dei rifiuti nel Centro Oli di Viggiano, l’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi prende carta e penna e scrive ai lucani una lettera pubblicata sui giornali locali. “Abbiamo costruito da più di vent’anni un rapporto con questa regione, siamo qui per restare a lungo e creare benessere e opportunità di crescita. Certo, in questo momento le nostre attività sono ferme e so bene quali preoccupazioni sta creando in tante famiglie lo stop del Centro Olio Val d’Agri (Cova). Non voglio usare giri di parole per spiegare questo stato di cose, la verità è che non abbiamo alternative”.
L’ad di Eni si riferisce alla sospensione dei contratti e all’avvio della cassa integrazione per i 354 dipendenti del centro di Viggiano in seguito al sequestro del centro da parte della procura che ha comportato la sospensione della produzione di circa 75mila barili di petrolio al giorno, con ricadute anche sulla raffineria Eni di Taranto che lavora il greggio estratto a Viggiano ma che per il momento non è interessata da sospensioni o cassa integrazione. “Dal punto di vista tecnico e operativo non è possibile proseguire – nemmeno parzialmente - l'attività produttiva del Cova. Non esiste, infatti, una soluzione alternativa di tipo industriale che consenta di evitare la fermata degli impianti”.
L’ad di Eni si sofferma poi sulle contestazioni: “Le attività del Cova e le nostre pratiche di trattamento delle acque di produzione e di re-iniezione nel pozzo Costa Molina 2 sono state oggetto di un numero enorme di autorizzazioni da parte degli organi competenti. Nel corso degli anni abbiamo ricevuto tutti i via libera necessari a livello nazionale, regionale e locale: un iter lungo e complesso, che in Italia rende il tempo dalla progettazione all’operatività quasi doppio rispetto al resto del mondo. È sulla base di questo lungo processo autorizzativo che insieme al nostro partner Shell abbiamo investito miliardi nelle attività in Val d’Agri, che ora vengono messe in discussione”. Descalzi rassicura i lucani sia sulle preoccupazioni per l’inquinamento (“la qualità dell’ambiente circostante il Centro è ottima, secondo gli standard normativi vigenti”) che sul tema della salute: “Capisco le preoccupazioni di chi vive in Val d’Agri relative alla salute, anche se mi spiace vedere come su un tema così delicato ci siano spesso comunicazioni non fondate su basi scientifiche e, a volte, vere e proprie speculazioni. Tutti i dati e gli studi che abbiamo condotto ci spingono a rassicurare sulla sicurezza delle nostre attività, emissioni incluse – prosegue l’ad di Eni – tutti gli studi epidemiologici condotti anche da istituzioni sanitarie nazionali e internazionali, ci dicono una cosa ben precisa: da quando esistono il Centro Olio e le attività sulle aree pozzo, non si sono assolutamente verificate patologie neoplastiche connesse ai fattori di rischio cancerogeno riconducibili all’impianto”. Descalzi conferma di voler dimostrare in contraddittorio con la procura il rispetto della normativa e degli standard internazionali, sulla base di dati tecnici e scientifici: “Non vogliamo ombre sull’operato e le attività di un’azienda che è un simbolo dell’ingegno italiano nel mondo e che da decenni crea valore in decine di Paesi, rispettando ambiente e salute senza compromessi”, conclude nella missiva.