Il fondo Atlante e la lentezza italiana
Sulle banche italiane, si sa, continuano a gravare troppe criticità, le migliori alleate di rumors, speculazioni, interventismo di istituzioni e governi europei. La Popolare di Vicenza ha dovuto prorogare i termini dell’aumento di capitale per la clientela retail, che a sua volta deve formare il flottante per la quotazione in Borsa. Al soccorso della banca è atteso anche il fondo Atlante con partecipazione di Intesa e Unicredit e regìa pubblica della Cassa depositi e prestiti. Su Atlante le agenzie di rating sono già dubbiose, sia per la capacità di ripulire effettivamente i bilanci bancari sia per i riflessi sulle due prime banche nazionali. Per questo è importante che il Consiglio dei ministri di oggi cominci a mettere punti fermi: decreto di riforma delle norme fallimentari per agevolare il recupero crediti; chiusura della questione indennizzi per gli obbligazionisti del bail-in di Banca Etruria e dintorni, fissando limiti e dote (250 milioni rispetto ai 100 stimati); sospensione della Tobin tax sulle transazioni finanziarie – un boomerang, come le altre imposte “etiche”.
Vista la massa di crediti incagliati (non performing loans) che grava sui bilanci, l’aspetto più urgente è l’accelerazione del loro recupero. Come per l’abbreviamento dei tempi di pignoramento delle case dopo 18 rate di mutuo saltate, sui fallimenti non bisogna ascoltare sirene populiste e lamentele organizzate. Meglio dar retta all’ambasciatore americano John Phillips che ha ricordato come le aziende americane siano frenate dall’investire in Italia a causa dell’incertezza del diritto e dalla intollerabile lungaggine dei processi.