La stasi del lavoro si risolve con contratti aziendali e Industria 4.0
Un decimale in più di disoccupazione, due di occupazione. I dati pubblicati martedì dall’Istat in tema di lavoro fotografano una situazione simile a quella del pil: l’Italia esce dalla crisi alla velocità di una lumaca, tra piccoli passi avanti e mezzi passi indietro. Il tasso di disoccupazione sale in aprile all’11,7 per cento. Certo è perché aumenta il numero di persone che cerca lavoro, ma così non avremo mai una crescita vera paragonabile al resto d’Europa (i disoccupati sono all’8,7 nell’Unione europea, i minimi da 7 anni), né ai maggiori paesi. In Germania la disoccupazione è al 6,1 – il minimo storico – e secondo Eurostat che ha come base chi cerca attivamente un lavoro, al 4,2 per cento. In Francia è sotto il 10, nel Regno Unito al 5,1, in Irlanda all’8,5. Perfino la Spagna, dopo la crisi durissima, ha recuperato un quarto dei posti di lavoro persi. Guardando agli occupati tra i 20-64enni siamo al 59,9 per cento, terzultimi in Europa prima di Croazia e Grecia, e sempre ben distanti da Germania (77,7), Francia (70), Gran Bretagna (72). Ancora più deprimente è la polemica sull’“attacco ai diritti” del Jobs Act e di chi dice che la lieve ripresa di lavori stabili è drogata dagli incentivi: che sarebbe accaduto senza riforma e senza sgravi? Meglio non chiederlo a loro.
La realtà, se avessimo il coraggio di guardarla in faccia, porta a tutt’altra conclusione: in Italia il lavoro non tornerà se non si adotta il Modell Deutschland, e quindi non solo il decentramento dei contratti a livello di azienda e la loro massima flessibilità e dinamicità, ma anche l’Industria 4.0, ovvero il nuovo riferimento made in Germany. Vale a dire digitalizzazione totale dei processi produttivi: gli ultimi modelli di Bmw, Audi e Mercedes sono prodotti direttamente in 3D (come del resto i telai italiani Dallara che equipaggiano tutte le monoposto della 500 miglia di Indianapolis), indice di totale flessibilità nella costruzione del prodotto, creato secondo esigenze del cliente rompendo letteralmente la vetusta catena di montaggio e facendo collaborare ingegneri e operai alla fabbricazione. Questo comporta formazione specializzata, scambi di intelligenze con le università, iperconnettività delle imprese e delle filiere, oltre che una legislazione stabile. Si tratta di un triplo salto avanti, altro che ritorno al passato. Il nuovo presidente di Confindustria Vincenzo Boccia dice che la crescita “deve essere un’ossessione”. Aggiungiamo che l’alternativa proprio non esiste: il Modell Deutschland è nato con i socialdemocratici di Gerhard Schröder, sviluppato da Angela Merkel la quale lo trasmetterà ai successori. Qui, in buona sostanza, si decide quanta occupazione è possibile recuperare e quanta disoccupazione si può cancellare. Chi da noi, da destra a sinistra, la butta su renzismo e antirenzismo non ha capito nulla. Crescete, no?