Produrre tutti, produrre meno
Dopo trent’anni sono finite le quote latte, ma le proteste sono ancora lì. Prima erano contro un sistema che, per tenere artificialmente alto il prezzo, impediva agli allevatori di mungere più di quanto stabilito dall’Europa, ora si protesta contro la fine di quel regime perché producendo di più si abbassa il prezzo del latte. La liberalizzazione ha fatto scendere il prezzo al litro mettendo in ginocchio le imprese italiane, che però rispetto ai concorrenti stranieri hanno problemi di competitività propri di un settore composto da aziende piccole e spesso disorganizzate. Alle richieste di aiuto dei produttori per superare la crisi, il governo ha risposto con una proposta del ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina: “Servono incentivi europei per chi diminuisce la produzione”.
A parte la difficoltà di far rientrare in Europa dalla finestra le quote latte uscite dalla porta, pare paradossale pensare di risolvere un problema di produttività sussidiando chi produce di meno. E’ un’idea perniciosa, che da un lato farebbe ridurre ulteriormente gli investimenti e dall’altro si scaricherebbe sui consumatori, i più poveri in particolare, con un aumento dei prezzi di latte e derivati. Se le aziende italiane hanno margini ridotti nonostante il loro latte venga pagato dai 3 ai 7 centesimi in più rispetto a quelle tedesche e francesi, è evidentemente che ci sono problemi strutturali da risolvere. Il governo pensa che il latte sia “strategico”? Sarebbe più utile pensare a detassazioni che spingano a investire per essere più competitivi e conquistare nuovi mercati. Se invece si pensa di pagare gli allevatori per non mungere, poi è inutile piangere sul latte versato.