Un paese che non licenzia non assume
Otto anni dopo il licenziamento di un suo dipendente, la banca francese Société Générale è stata costretta da un tribunale del lavoro a risarcire questo ex lavoratore. Caso minuto, non fosse che questo dipendente si chiama Jérôme Kerviel, trader trentunenne all’epoca dell’allontanamento e che non ha mai negato di aver svolto operazioni non autorizzate per un ammontare di 50 miliardi di euro, infliggendo alla banca perdite per circa 5 miliardi. Adesso però un tribunale del lavoro francese, dopo la valutazione di un panel di datori di lavoro e sindacalisti, ha deciso che Société Générale deve risarcire Kerviel con circa mezzo milione di euro. Fu la società, infatti, a non controllare a sufficienza il dipendente truffatore. Tutto questo nella Francia da settimane paralizzata dagli scioperi anti “loi Travail”, la norma che vorrebbe rilanciare la contrattazione aziendale nel paese.
Jerome Kerviel in tribunale a Parigi, per una possibile revisione del processo (foto LaPresse)
Noi cugini italiani non siamo da meno. Gli antirenziani in servizio permanente effettivo, mossi dalla logica del “tanto peggio tanto meglio”, mese dopo mese compulsano l’effetto calante degli sgravi fiscali sulle assunzioni a tempo indeterminato e non perdono occasione per minimizzare il sacrosanto superamento – quasi completo – dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che imponeva la reintegrazione in caso di licenziamento nelle aziende con più di 15 dipendenti. La Banca d’Italia in realtà ha fatto sapere che “vi è evidenza che l’intervento sui licenziamenti abbia ridotto la riluttanza dei datori di lavoro a offrire contratti permanenti a lavoratori senza precedenti esperienze presso l’impresa”. Tuttavia nessuno ama ragionare su quanto profonde siano invece le ferite causate da un regime pluridecennale di ingessatura del mercato del lavoro. Ne paghiamo ancora oggi il prezzo. Due giorni fa la Cassazione ha salvato dal licenziamento un funzionario di un comune del nord che a fine 2008 era stato allontanato per false timbrature finalizzate a coprire il proprio assenteismo. Motivo: l’ultimo contratto degli enti locali, che risale ormai al 2004, prevede il licenziamento solo per “recidive plurime”. C’è da sperare che il decreto anti assenteismo, ora in discussione in Parlamento, e la riforma della Pubblica amministrazione in itinere trovino il modo di fissare nuove e semplici regole per risolvere casi simili. Specie nelle piccole e medie aziende, chi non licenzia non può nemmeno assumere chi è meritevole. Un freno non da poco per questo Vecchio continente.