Don't touch my whiskey!
The Brexit Wars” è il titolo di un romanzo a firma Kevin Ramsey uscito il 12 maggio in cui si descrive la guerra civile scoppiata nel Regno Unito alla notizia che il referendum per l’uscita dall’Unione europea è passato con il vantaggio minimo del 50,8 per cento, e con la vittoria del Remain in Scozia, Galles e Irlanda del nord. Fantapolitica, ovviamente. Almeno per ora. Ma il libro fotografa una situazione ben nota, e cioè la spinta tutta inglese per il Brexit (ieri la campagna è stata sospesa dopo l’omicidio della deputata laburista Jo Cox) che comporterebbe però l’uscita dall’Ue dell’intero Regno Unito. Comprese non solo Scozia, Galles e Irlanda del nord, ma anche Gibilterra, dove Cameron si è recato ieri a fare propaganda per il Remain. E’ il primo premier britannico a mettere piede sulla rocca da 48 anni a oggi, per evitare di turbare le suscettibilità di Madrid. Che stavolta, però – pur brontolando – ha sostanzialmente lasciato fare. Il governo Rajoy ha intanto proposto che nell’eventualità di Brexit si possa studiare una sorta di sovranità equamente divisa tra Regno Unito e Spagna, proprio per ovviare agli immaginabili problemi che attanaglierebbero la minuscola enclave in caso di fuoriuscita dal sistema europeo. Un dato che spiega molto è il confronto tra i 5,3 milioni di cittadini scozzesi e i 5,2 miliardi di euro dell’export di whisky.
E’ un guadagno annuo – quello per lo scotch – di quasi 1.000 euro pro capite a scozzese, che non verrebbe del tutto meno in seguito alla fuoriuscita dallo spazio economico europeo: ma in gran parte sì. In Scozia, semmai, a essere assai adirati con le politiche di Bruxelles sono i pescatori. Ma per l’economia della regione il whisky è più importante del pesce. Al contempo, nel Regno Unito, Scozia, Galles e Irlanda del nord sono anche i maggiori beneficiari di aiuti comunitari che in caso di Brexit verrebbero meno. Non a caso, il Primo ministro scozzese, Nicola Sturgeon, è stata in prima linea nella campagna per il Remain, e in caso di Leave minaccia un nuovo referendum indipendentista. In Irlanda del nord c’è in più la preoccupazione per una ricomparsa della frontiera con l’Eire che potrebbe mettere a rischio i benefici degli accordi di pace del Venerdì Santo con cui il 10 aprile 1998 si pose fine a trent’anni di guerra civile tra cattolici e protestanti.