Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria (foto LaPresse)

Consigli a Boccia per scendere in campo

Redazione
Il nuovo corso “politico” di Confindustria e il rischio defezioni.

Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, a maggio, nell’immediatezza dell’incoronazione ha deciso di imprimere un indirizzo ad alto tasso politico al sindacato degli imprenditori. Nel suo primo discorso pubblico Boccia s’è schierato a favore del referendum costituzionale di ottobre affiancando il governo Renzi nel difendere una riforma che rottamerebbe il ping-pong tra Camera e Senato e soprattutto annullerebbe il potere di veto delle regioni su materie concorrenti con lo stato; scelte di politica industriale in primis. Boccia è coerente sia con la vocazione a essere corresponsabile con il governo della crescita del paese sia con l’assetto della sua Confindustria che ha per constituency le aziende a partecipazione statale che ne hanno determinato la vittoria elettorale, di misura, su Alberto Vacchi della corrente avversa.

 

Il 23 giugno il Consiglio generale si riunirà per la prima volta nel nuovo corso, per esprimersi sul referendum e sulle priorità dell’associazione. Schierarsi e non fingere di vivere in un vuoto politico è sacrosanto. Ma ci vogliono alcuni accorgimenti. Boccia, per esempio, specie dopo l’abbandono di Fiat nel 2012, dovrebbe tenere d’occhio il dossier “defezioni”. La Kerakoll di Sassuolo, multinazionale dell’edilizia famosa per le colle, ha annunciato il 10 giugno che uscirà da Confindustria: “Non rappresenta le imprese. E’ ente politico, burocratizzato, mandato avanti da persone che pensano solo ai propri privilegi”, ha detto l’ad Gianluca Sghedoni. Quest’ultimo ha sostenuto Vacchi nella campagna per Viale dell’Astronomia, certo, ma le insofferenze del Quarto capitalismo vanno comunque comprese. Pena la trasformazione di Confindustria in una scatola quasi vuota.