Taranto, stabilimento Ilva (foto LaPresse)

Il patto stato-acciaio per Ilva

Redazione
Il pendolo di Cdp sceglie Arvedi e Del Vecchio. Strategia e dubbi.

Il pendolo della Cassa depositi e prestiti, come prevedibile, dovrebbe essersi spostato sulla cordata composta dall’acciaieria Arvedi e dal fondatore di Luxottica Del Vecchio per soccorrere il claudicante gruppo siderurgico Ilva. La decisione sarebbe avvenuta durante un cda di Cdp (ma al momento in cui questo giornale va in stampa non sono giunti comunicati ufficiali). Secondo indiscrezioni, alla newco “AcciaiItalia” parteciperà Cdp Equity, il gruppo Arvedi e la holding della famiglia Del Vecchio Delfin, tutti con quote inferiori al 50 per cento. Offerta: tra 500 milioni e un miliardo, dice Reuters. E’ il secondo tentativo da parte governo italiano di vendere l’azienda al migliore offerente – stavolta pare riuscito (o almeno non è deragliato in corsa). La cordata Marcegaglia-ArcelorMittal risulta dunque quella sfavorita dalla banca di stato Cdp che sembra invece gradire un acquirente tricolore, per quanto l’italianità non sia né un prerequisito né una garanzia di successo (non è escluso che in autunno si riaffaccino i turchi di Erdemir, siderurgia del fondo pensione dei militari, che s’era proposta per assecondare Arvedi-Del Vecchio).

 

Il cavalier Giovanni Arvedi, che gestisce anche l’acciaieria di Servola, durante un’audizione in Parlamento ha manifestato l’intenzione di affittare per poi comprare gli impianti di Ilva, di riaccendere gli altiforni (ristrutturare l’altoforno 5 chiuso da tempo è operazione tignosa, pericolosa e costosa) e poi di impiantare forni elettrici da alimentare a gas; un’ipotesi certo apprezzata dal presidente della regione Puglia, Michele Emiliano, che aveva esultato all’idea di un’Ilva “a tutto gas”. L’ex sindaco di Bari deve avere trovato un tesoro nel visionario cavaliere di Cremona. La strategia di lungo termine di Arvedi è probabilmente quella di creare attraverso Ilva un grande gruppo da quotare in Borsa in cui diluire il suo. In attesa che il 30 giugno venga presentato il piano ambientale – che coincide con il piano industriale – e relativa mole di investimenti, le domande attorno all’Ilva sono le stesse che si accumulano negli anni. Una su tutte: la magistratura che nel 2012 ha dato una “spintarella” ai Riva, poi estromessi dalla proprietà per volere dello stato, lascerà che il ciclo di Arvedi si compia? E poi: basterà la garanzia di Cdp, Arvedi e Del Vecchio per recuperare i clienti persi in quattro anni di mortifera attività? La politica industriale del governo ha un sussulto. Una direzione c’è. Per il giudizio bisogna attendere la fine del percorso. I dubbi ci sono, anche se un progetto ora c’è.

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