Capriole d'establishment
Il giornalista collettivo italiano ci ha abituati alla tesi che tutto è colpa del neoliberismo. Il sociologo dell’Università Cattolica, Mauro Magatti, ci propone sul Corriere della Sera un corollario: non solo il neoliberismo è causa di tutto, ma è causa anche del suo contrario. Il neoliberismo, che ha prodotto “crescita e benessere” e perciò sia dannato, ora genera un “futuro giapponese” di stagnazione, e pertanto sia maledetto.
Magatti si muove sul crinale tra economia e politologia: per un verso riconosce che il neoliberismo ha determinato sviluppo e ricchezza, ma insieme ha alimentato le diseguaglianze. Bene. Le diseguaglianze a loro volta hanno causato esclusione sociale e risentimento dando così luogo al boom dei movimenti populisti, i quali avversano il neoliberismo proponendo una ricetta tutta protezionismo, nazionalismo e ambientalismo estremista. Insomma, se la società è disarmata di fronte al rallentamento economico globale è perché il pensiero neoliberista è in declino avendo ormai perduto la capacità di attrazione esercitata ai tempi di Reagan e Thatcher. Bene. Uno s’aspetta: poiché Magatti rifiuta il neoliberismo, sarà felice dell’avvento del suo contrario. Macché: non solo condanna senz’appello il populismo, ma lo iscrive d’ufficio al partito neoliberista, ancorché di rimessa. E’ un triplo carpiato.
Magatti nega per affermare: sospettiamo che sia un agente neoliberista in incognito. Il che non sarebbe tanto assurdo: geniale idea infiltrarsi nel giornale della borghesia milanese per diffondere con un po’ di retorica “anti” – per dissumulare, ovvio – le pulsioni inconfessate dell’élite nazionale. Giù la maschera!