Non credete alla favola di Piombino
I lavoratori possono abbandonare la speranza di vivere il risorgimento dell’area siderurgica di Piombino. Lo sbandierato piano di salvataggio della ex Lucchini a opera del magnate algerino Issad Rebrab ha chance di successo sotto lo zero. Rebrab è il terzo uomo più ricco d’Africa, un grande imprenditore che con la conglomerata di famiglia Cevital opera nell’alimentare, nell’automotive, nella grande distribuzione e nei media. Ma è contrastato con ogni mezzo dall’establishment del presidente Bouteflika, malmesso pure lui. Rebrab, originario della Cabilia, da tempo è perseguitato in patria e tanto bastava a far dubitare delle sue reali capacità d’investire in Toscana: assicurarsi una siderurgia con sbocco sul mare l’avrebbe reso più forte in casa – non gli è concesso.
L’originario “piano industriale” della sua Acciaierie e ferriere di Piombino – preferita all’indiana Jsw steel – era scritto su un foglio protocollo e ora si ha notizia di una revisione al ribasso con relative lungaggini. I lavoratori dovrebbero smetterla di credere alle favole raccontate per oltre due anni dal governatore Enrico Rossi, dal sindaco e dai sindacalisti della Fiom. Rebrab sembrava credibile, è stato creduto. Rossi & Co. non lo sono più: avevano già dato prova d’inaffidabilità. Prima di Rebrab si presentò Khaled al Habahbeh. Fu incensato come uno sceicco ma era in realtà un fasullo businessman d’origini giordane braccato dalla Fbi per narcotraffico. Da lui, a sentire Rossi, sarebbero arrivati “investimenti enormi”, invece lasciò il conto del ristorante da pagare. Seguire soluzioni tampone per risolvere crisi incancrenite non è produttivo: meglio fallire e ricominciare con nuovi progetti.