Piketty ma che stai a di'
Da un paio d’anni è l’economista più popolare del mondo, il suo “Capitale nel XXI secolo” ha venduto milioni di copie, è stato nominato libro dell’anno dal Financial Times ed elogiato dagli economisti progressisti, come Joseph Stiglitz a Paul Krugman. Anche chi ha contestato le sue conclusioni e le soluzioni proposte (tasse sui ricchi e tasse globali) ne ha apprezzato il lavoro di ricerca. Con interviste, libri, articoli, apparizioni televisive e convegni Thomas Piketty, già consigliere economico di Ségolène Royal e supporter di François Hollande in Francia, è diventato advisor dei partiti della nuova sinistra europea, da Podemos in Spagna al New-old Labour di Jeremy Corbyn in Inghilterra, riportando al centro dei programmi e della discussione pubblica la disuguaglianza e la riforma del capitalismo. Il pilastro della sua impalcatura intellettuale è l’individuazione di una legge fondamentale del capitalismo che spingerebbe il rendimento del capitale a crescere più del pil, con un inevitabile aumento delle disuguaglianze che riporterà le lancette della storia indietro all’800.
Col tempo si è però scoperto che la teoria di Piketty è piena di buchi. L’ultima conferma arriva da uno studio del Fondo monetario internazionale, in cui l’economista Carlos Góes ha analizzato i dati di 19 stati negli ultimi 30 anni e “per il 75 per cento dei paesi esaminati, la disuguaglianza risponde negativamente” alla teoria di Piketty: “Anche se ricco di dati, il libro non fornisce alcuna verifica empirica formale per la sua catena causale teorica”. La disuguaglianza è aumentata ma non per i motivi sostenuti dall’economista socialista. E se la diagnosi del dr Piketty non è corretta, meglio evitare la sua terapia.