Il malato francese non si cura
Prima c’è la lunga serie di attentati terroristici che ha fiaccato un po’ il turismo in Francia. Su questo, almeno nell’immediato, il governo può farci davvero poco. Dopodiché ci sono acciacchi che il malato francese – di cui pure poco si parla, forse perché il suo debito pubblico rimane pur sempre a prova di bomba grazie all’impegno implicito della Germania a non lasciarlo mai e poi mai in pasto agli speculatori – potrebbe evitare e invece lascia che si aggravino. Due settimane fa si era registrata la battuta d’arresto del pil, e allora tutti a ironizzare sull’intempestivo “ça va mieux” pronunciato dal presidente della Repubblica François Hollande poco prima. Ieri è stata la volta dei dati della produzione industriale di giugno, in calo per il secondo mese consecutivo nonostante le attese degli analisti fossero positive.
Secondo quanto riferito dall’Istituto di statistica Insee, la produzione industriale è scesa infatti dello 0,8 per cento a giugno, dopo la flessione dello 0,5 per cento registrata a maggio. La novità è che lo stesso Insee, secondo i media francesi, ha legato esplicitamente questo scivolone inatteso alla lunga serie di scioperi, più o meno selvaggi, che hanno bloccato il paese transalpino in occasione della lunga discussione della riforma del lavoro voluta dal governo socialista di Manuel Valls (e poi prontamente annacquata nel tentativo di placare i sindacati). Non a caso i crolli della produzione industriale sono stati a due cifre per il settore agro-alimentare e per quello della raffinazione, in cui gli impianti si erano fermati a oltranza per settimane. Il malato francese può ancora permettersi il lusso di non riguardarsi.