Cosa possiamo fare noi per la produttività
Che la strada per la produttività sia lunga e impervia non è una novità. Ma i nuovi dati del ministero del Lavoro ci fanno capire che non siano in molti oggi a volerla percorrere. Sono infatti soltanto 15 mila i contratti aziendali per ottenere la detassazione dei premi di produttività depositati nei primi sei mesi del 2016, pochi in una platea di centinaia di migliaia di imprese che potrebbero beneficiarne. Numeri ancora più preoccupanti se si va a guardare i contenuti dei contratti, solo 1.480 prevedono infatti un piano di partecipazione dei lavoratori. Un segnale chiaro, sia per il governo alle prese con la nuova legge di Stabilità sia per le parti sociali alle prese con i rinnovi contrattuali (a fine mese si riaprirà la trattativa per il contratto dei metalmeccanici).
Il messaggio pare chiaro: non bastano leggi e incentivi per fare accordi sulla produttività, occorre il ruolo attivo e coraggioso dei corpi intermedi che hanno oggi onore e onere di governare questi accordi. Altro capitolo potenzialmente insidioso, ma ora difficilmente verificabile, è quello dell’apporto o meno che questi contratti danno alla produttività. Il rischio che vengano utilizzati unicamente da grandi imprese che già hanno in vigore accordi di produttività, o magari per detassare dei normali aumenti salariali fissi, non è poco ed equivarrebbe a grandi sprechi di fondi pubblici. Giusta la via scelta dal governo di riproporre per il prossimo anno, probabilmente aumentato, lo sgravio per i salari. Tuttavia sono le parti sociali, a livello nazionale e locale, che devono dare segnali forti. Ne va della loro funzione e della loro credibilità.