Come rottamare davvero il Fisco arcigno
La propaganda non si addice alle tasse e quindi piantiamola di definire “condono” la cosiddetta rottamazione delle cartelle Equitalia. Non c’è alcun premio ai furbi né compravendita di consenso in chiave referendum come protesta qualcuno da sinistra e da destra (ma non era anche una loro battaglia?); quello che viene cancellato o ridotto sono interessi e maggiorazioni, spesso spropositati, non l’imposta o la sanzione. Difatti l’ammontare dell’operazione è tra le voci in entrata della manovra 2017: ieri in parlamento il vicedirettore generale della Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini, l’ha quantificato in 2 miliardi. Piuttosto colpisce che Equitalia imponga moduli online o cartacei: siamo sempre lì, ai campi da compilare, ai codici da trascrivere con estrema cura salvo perdita dei diritti, alle file al telefono e agli sportelli. Una rottamazione precompilata da accettare o no, non sarebbe stata più civile?
Detto questo si continua a prendere il toro per la coda anziché per le corna. Il vero accordo fiscale, e quindi la minore evasione, ci sarà quando si ridurranno imposte sui redditi sproporzionate rispetto al resto del mondo. Un imponibile di 60 mila euro ne paga in Italia 20.608 di Irpef: in Germania 9.272, in Francia 12.469, in Gran Bretagna 15.324, in Spagna 15.992, in Svezia 12.975. Negli Stati Uniti, su 60 mila dollari se ne versano 10.973. La sproporzione è schiacciante. In compenso abbiamo una quantità di trucchetti “sociali” per ottenere servizi a spese del resto dei contribuenti. La rottamazione delle cartelle va bene, ma ora è il sistema fiscale da rottamare da cima a fondo.