Contro la restaurazione sulle popolari
Il consiglio di Stato dimostra che governano i magistrati, non la politica
Nel clima di grande restaurazione che si respira nell’epoca post referendaria, oltre al tentativo funesto di voler rimettere mano a una riforma sacrosanta come quella su lavoro, c’è un altro obiettivo che il partito della conservazione ha messo nel mirino e quell’obiettivo oggi si chiama riforma delle banche popolari. Giovedì pomeriggio il consiglio di Stato ha depositato una dura ordinanza contro la riforma sulle banche voluta dal precedente governo. E in base ad alcuni principi ha sollevato una questione di legittimità costituzionale rinviando il testo alla Consulta. Il riordino delle banche popolari è stato varato all’inizio del 2015 con un decreto legge, ma per il Consiglio di Stato non c’erano in maniera evidente i requisiti di straordinarietà e urgenza previsti dalla Costituzione. Secondo uno degli studi legali che ha seguito il ricorso alla giustizia amministrativa, con questa ordinanza viene messa “radicalmente in discussione tutta la riforma, non solo un pezzo”.
Poco importa che la riforma delle banche popolari fosse invocata da decenni da Bankitalia: nella grande epoca della restaurazione i tempi della politica non possono più essere una prerogativa della politica ma devono essere necessariamente una prerogativa del governo dei magistrati. Vale sulla riforma delle banche popolari ma vale anche sul resto. Sarà la Consulta che deciderà se la politica aveva la legittimità di agire con urgenza sulle banche. Sarà la Consulta che, dopo aver imposto la formazione di un governo fissando a fine gennaio la sentenza sull’Italicum, deciderà se la politica ha la legittimità di proporre un modello elettorale (il doppio turno) capace di creare competizione nel sistema politico. Nessuno dirà nulla, nessuno protestare. In Italia governano i magistrati e forse oggi a tutti va bene così.