Il referendum sull'art. 18 è "manipolativo" e "inammissibile", dice l'Avvocatura
Nelle memorie depositate oggi per conto della presidenza del Consiglio, si legge che il quesito referendario ha “carattere surrettiziamente propositivo e manipolativo”. Muro anche sui voucher
Il quesito referendario per abrogare le modifiche apportate con il Jobs Act all'articolo 18 ha “carattere surrettiziamente propositivo e manipolativo” e per questo “si palesa inammissibile”, dice l'Avvocatura dello stato che oggi ha depositato la memoria difensiva per conto della presidenza del Consiglio che ha deciso di costituirsi. I difensori hanno così bocciato la consultazione promossa dalla Cgil sulla quale la Corte costituzionale si esprimerà l'11 gennaio.
“Proponendosi di abrogare parzialmente la normativa in materia di licenziamento illegittimo”, il quesito referendario “di fatto la sostituisce con un'altra disciplina assolutamente diversa ed estranea al contesto normativo di riferimento; disciplina che il quesito e il corpo elettorale non possono creare ex novo, né direttamente costruire”, sostiene l'Avvocatura, che sottolinea come il quesito punti a estendere i vincoli al licenziamento previsti dall'articolo 18 a tutte le aziende con più di cinque dipendenti. Del resto, lo spettro di applicazione della tutela è diverso, a seconda che il datore di lavoro occupi più di quindici o più di cinque dipendenti. La disposizione contiene due regole speciali: la prima vale per le organizzazioni diverse dalle imprese agricole, la seconda solo per le imprese agricole.
Di contro, si legge nei documenti visionati dall'Ansa, “l'intento dei promotori del referendum è quello di produrre una norma che chiaramente estrae il limite dei cinque dipendenti, previsto per le sole imprese agricole, per applicarlo a tutti i datori di lavoro, a prescindere dal tipo di attività svolta”. In più “secondo costante giurisprudenza costituzionale in tema di referendum abrogativo, non sono ammesse tecniche di ritaglio dei quesiti che utilizzino il testo di una legge come serbatoio di parole cui attingere per costruire nuove disposizioni”.
Quanto ai voucher, l'eventuale abrogazione attraverso il referendum delle norme specifiche causerebbe un “vuoto normativo idoneo a privare di una compiuta e necessaria regolamentazione tutte quelle prestazioni che, per la loro limitata estensione quantitativa o temporale, non risultino utilmente sussumibili nel paradigma normativo del lavoro a termine o di altre figure giuridiche contemplate dall'ordinamento vigente”. L'Avvocatura dello stato, in particolare, puntualizza che “il proposito referendario non è tanto quello di sopprimere il 'voucher' quale strumento di remunerazione e disciplina del lavoro accessorio, ma di abolire lo stesso istituto del lavoro accessorio”. Ed è proprio in virtù di questo aspetto che si chiede alla Consulta la dichiarazione di inammissibilità del quesito.