La morsa economica su Mosca è debole
L’affaire Rosneft dimostra che le sanzioni sono finite, per il mercato
Mentre si fanno sempre più forti le voci contro la proroga delle sanzioni nei confronti della Russia sino al luglio 2017 (decisione che il Consiglio europeo ha adottato lo scorso dicembre) l’operazione di privatizzazione del colosso energetico russo Rosneft – che Vladimir Putin intende portare avanti per uscire dalle gabbie della crisi economica – potrebbe averne già segnato la fine da un punto di vista pratico. L’ultima a criticare le scelte di Bruxelles è l’Austria che ha da poco assunto la presidenza di turno dell’Osce. Come osserva il ministro degli Esteri austriaco, Sebastian Kurz, “si dovrebbe abbandonare il sistema punitivo e passare a un sistema di incentivi.
L’Europa dovrebbe essere seriamente interessata alla cooperazione positiva con la Russia”. Il mercato sembra essere più consapevole della politica europea dell’inefficacia delle sanzioni. Non a caso la postura di Bruxelles non ha impedito l’accordo tra Rosneft, Glencore, il fondo sovrano del Qatar e Intesa Sanpaolo per avviare la privatizzazione della società russa. Al di là dei punti non chiari legati all’operazione – la stampa anglosassone, non certo russofila, ha descritto il deal come una partita di giro finanziata dalla Banca centrale russa attraverso banche private del paese che di fatto consentirà al Cremlino di mantenere il controllo di Rosneft – si tratta del più grande investimento diretto estero dall’inizio delle sanzioni nel 2014. E’ un segno di fiducia degli investitori internazionali e di entusiasmo nell’investire in compagnie russe a dispetto delle sanzioni, ha chiosato Dimitri Peskov, portavoce di Putin. Il forum economico di Davos di quest’anno è stato il banco di prova per questi tentativi di riavvicinamento. Come sottolinea il magnate russo Andrey Guryev, a capo del gigante dei fertilizzanti PhosAgro, “questo è uno dei forum più positivi degli ultimi anni: oggi le nostre controparti occidentali e gli investitori possono tornare a parlare liberamente di investimenti in Russia”.
L’effetto Trump si fa sentire. “Se gli Stati Uniti indeboliranno le sanzioni, i paesi europei non otterranno consenso necessario per portare avanti la modalità di sanzioni nella loro forma attuale”, ha detto a Bloomberg Charles Muvit, economista di Ihs. A Davos si sono già incontrate due figure che nei prossimi mesi potrebbero essere tra i protagonisti dello scongelamento dei rapporti economici tra occidente e Russia, il finanziere repubblicano Anthony Scaramucci, uno dei principali advisor economici del presidente Donald Trump, e il capo del Fondo russo per gli investimenti diretti, Kirill Dmitriev. Come dimostra l’affaire Rosneft, l’Italia è in prima linea, sconta la rivalità commerciale della Germania e cerca di recuperare il tempo perduto.