Caso Mediaset-Vivendi, Bolloré indagato per aggiotaggio
Fininvest aveva accusato il principale azionista di Vivendi di aver creato le condizioni per una scalata ostile con "prezzi a sconto". La procura di Milano al lavoro, ma adesso a comandare è l'impasse
Vincent Bolloré indagato per aggiotaggio. L'ipotesi di accusa avanzata dalla procura di Milano è che il finanziere bretone, primo azionista di Vivendi, abbia acquistato fino al 28,8 per cento delle quote Mediaset dopo averne fatto scendere artificiosamente il valore. L'esposto era stato presentato da Fininvest, che adesso detiene il 40 per cento di Mediaset: secondo il Biscione, il gruppo francese avrebbe “creato le condizioni” per far scendere il titolo e poi attuare la scalata sfruttando “prezzi a sconto”. La furbata di Vivendi si fonderebbe sulla disdetta, nel luglio 2016, del contratto di acquisto di Mediaset Premium pattuito ad aprile insieme allo scambio azionario del 3,5 per cento.
A dicembre i due colossi si erano dissanguati per aumentare la loro presenza in Mediaset, facendo schizzare il titolo in borsa da 2,71 a 4,57 euro. Vivendi è passata dal 3 al 28,8 per cento - con diritti di voto al 29,9 per cento - spendendo 1,2 miliardi di euro; in risposta Fininvest aveva investito 154 milioni per salire dal 34,7 al 40 per cento delle azioni con l'obiettivo di stoppare l'affondo di Bolloré. “Ci hanno fatto un ricatto, un’estorsione: di fronte a questa scalata ostile pensiamo di resistere, e crediamo che la magistratura debba dare seguito alla nostre cause, i giudici devono darci ragione”, aveva detto Silvio Berlusconi lo scorso 22 dicembre, come fa notare il Corriere della Sera. Di fatto, adesso, i due gruppi sono immobilizzati in una particolare impasse: sono al limite delle quote oltre le quali scatterebbe l’Opa obbligatoria. E in tutto questo Mediaset ha fatto causa a Vivendi chiedendo 1,5 miliardi di danni.
Le tortuosità legali non sono finite perché la famiglia Berlusconi si era pure rivolta a Consob e Agcom. Il Garante per le comunicazioni sta lavorando per capire se siano state violate le regole del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici: le norme impediscono il collegamento tra un operatore che abbia più del 40 per cento di quote nel mercato delle comunicazioni elettroniche e un operatore che abbia più del 10 per cento di quota nei media. Non è superfluo ricordare, tra le altre cose, che Bollorè non solo è il primo azionista di Vivendi, ma il secondo di Mediobanca con l’8 per cento e il primo di Telecom Italia con il 24,68 per cento.
Oggi Vivendi si limita a un “no comment” sull'indagine, mentre è alle prese con altri problemi di numeri, non certo marginali: le azioni hanno perso il 3,1 per cento sulla scorta della pubblicazione dei dati di bilancio. Il 2016 è stato chiuso con un utile netto di competenza di 1,25 miliardi di euro, in calo del 35 per cento rispetto al 2015, e gli azionisti ovviamente non sono contenti.